Sandro Fontana: storico, politico, uomo di cultura.

Sandro Fontana: storico, politico, uomo di cultura.

Sandro Fontana non è stato solo un politico che per il partito della Democrazia Cristiana ho ricoperto importanti compiti nelle Istituzioni, come assessore alla cultura e capogruppo in Regione Lombardia, senatore della Repubblica, Ministro dell’universitá nel Governo Amato, Parlamentare europeo e vicepresidente di quel Consesso. È stato anche uno storico, un uomo di cultura e un fine analista politico. Si è occupato diffusamente della cultura cattolica dell’800 e del ‘900. Ha scritto saggi importanti su personaggi di grande rilievo come Cattaneo, Murri, Sturzo, Grandi, Moro. È stato autore di importanti libri sul riformismo, sui cattolici e l’unitá sindacale. Proprio per la sua formazione storica aveva la capacitá di inquadrare e interpretare i problemi del momento con i movimenti generali della societá individuando le possibili linee politiche.

Era espressione del movimento politico più sensibile alle forze sociali che nella sua Brescia spingevano per coniugare con efficacia sviluppo e solidarietá. Aveva un rapporto forte con Carlo Donat Cattin che trovava poi espressione concreta nella realizzazione della rivista di cultura politica Terza Fase. Per un triennio ha diretto il quotidiano “il Popolo”.

A metá degli anni ottanta scrisse il volume “l’identitá minacciata”. Rileggerlo oggi aiuta a prendere atto quanto fossero giuste le sue indicazioni. Polemizzò aspramente con Pietro Scoppola ritenendo che con la messa in discussione del rapporto organico e strutturale tra dimensione religiosa e dimensione popolare rappresentato storicamente dalla azione del movimento politico e sociale dei cattolici italiani, si colpiva al cuore l’identitá della DC nel suo punto più delicato e originale. Percepiva con nettezza che una volta operata la scissione tra dimensione religiosa e quella sociale veniva meno la presenza in Italia di un grande partito popolare, si agevolava la nascita di due poli democratici alternativi e si sarebbe limitata la presenza politica e culturale dei cattolici alla iniziativa di minoranza profetiche e battagliere. Individuava i pericoli di teorie bipolari e alternative con la DC vittima sacrificale nell’avvento del gioco della alternanza per la democrazia compiuta.

La critica al permissivismo e all’ edonismo non era fine a se stessa, ma inquadrata nel pericolo di scelte edonistiche barattate per progressiste e corrosive dei valori dell’umanesimo cristiano popolare rispetto all’avvento della industria culturale e dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. Ricorda come il popolarismo abbia rappresentato una felice intuizione politica e culturale e la risposta vincente alla doppia sfida proveniente dalle élites borghesi dominanti e dalle forze della sinistra marxista.

Per Sandro Fontana la teoria bipolare ricavata da una presunta frattura tra valori religiosi e realtá popolare avrebbe finito per intaccare l’identitá della DC collocandola in un ruolo innaturale rendendola impacciata e irriconoscibile ai suoi elettori.

Sulla crisi dello Stato Sociale non restava passivo, ma indicava una strada quella della sua socializzazione riportando i servizi sociali sotto il controllo della societá, secondo l”insegnamento della tradizione sociale cattolica, della “societá delle autonomie, nelle sue articolazioni naturali, come la famiglia, la organizzazione professionale, la comunitá locale. Insomma quello che solo di recente è stato riscoperto come Welfare di comunitá e Welfare familiare. Sollecitava di eliminare le distorsioni statali compreso lo spezzato rapporto di controllo democratico tra amministratori locali e amministrati per restituire la responsabilitá agli amministratori e ripristinare il primato delle societá naturali.

Il suo sguardo non era rivolto al passato, agli innegabili grandi meriti storici della DC che aveva saputo amalgamare l’ispirazione cristiana, la dimensione popolare e la fedeltá ai valori democratici. Sandro Fontana guardava anche ad un futuro che richiedeva coraggio e innovazione, riducendo il peso dei partiti nello Stato e una più forte apertura nella società. Aveva una preoccupazione, quella di mantere un carattere democratico e popolare per non diventare un piccolo partito d’azione.

La sua lettura della crisi della societá anticipava di un decennio la crisi politica che sarebbe esplosa nei primi anni novanta.

Roma, 7 dicembre 2013

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