Intervento sulla fiducia posta dal Governo sul decreto di riorganizzazione dei ministeri

Intervento sulla fiducia posta dal Governo sul decreto di riorganizzazione dei ministeri

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC). Onorevole Presidente, onorevoli senatori, non posso dire lo stesso al Presidente del Consiglio perché assente così come ai 34 Ministri e Vice ministri di questo Governo. Questo è il vero scandalo di questa fiducia: l’assenza totale del Governo, a parte il povero sottosegretario D’Andrea.

Sul primo decreto-legge della legislatura il Governo Prodi ha posto la questione di fiducia; sul secondo decreto n. 181, sulla riorganizzazione dei Ministeri, idem. Non è un buon inizio, soprattutto quando si aggirano le procedure parlamentari e si saltano i relativi passaggi. L’ordine del giorno del Senato non appartiene al Governo, spetta all’Assemblea. Il diritto di parola è un valore assoluto, irrinunciabile. Sono state scelte gravi quelle di mercoledì che hanno ferito le istituzioni. Il Governo svuota il Parlamento delle sue funzioni; dimostra tutta la sua debolezza sia numerica che politica.

Non siamo in presenza di una massa emendativa rilevante tale da impedire la conversione del decreto. Lo strumento della fiducia continua; non può essere il mezzo per semplificare, per aggirare qualsiasi problema politico e parlamentare, per arginare la divisione della sua maggioranza che dopo le lottizzazioni operate nelle scelte sulla struttura, aveva bisogno di portare a casa il risultato ad ogni costo e senza rischi. Ma di fiducia si può morire come insegna la storia politica e parlamentare. Sui nodi politici il Governo tende a fuggire dal confronto parlamentare, dalle vicende di politica estera a quelle di politica economica, perfino sulla posizione dell’Italia nella dichiarazione sui principi etici. Il Governo sarà atteso al varco perché ha il dovere di rispettare la legge comunitaria e le regole sulla fase ascendente prima del 24 luglio sulla proposta modificata della Commissione (approvata venerdì scorso) sul VII programma europeo di ricerca.

Il Governo non può aggirare il Parlamento sottraendosi ai controlli, procedendo con atti amministrativi come sui temi della immigrazione e delle tossicodipendenze. La tanto proclamata centralità parlamentare non può essere solo un vuoto proclama; richiede coerenza di comportamenti quotidiani, non l’esaltazione della doppiezza togliattiana, onorevole Chiti, di cui lei è espressione più autentica perché non si può affermare a giorni alterni la tutela delle minoranze e il rispetto delle loro prerogative e poi agire in senso opposto.

Non abbiamo posto il problema se il Governo avesse o meno il diritto di scegliere la migliore organizzazione, quella più adeguata alla sua funzionalità. Non vi sono dubbi. E’ un suo diritto. Quello che mettiamo in discussione è l’andamento erratico di questa maggioranza che ondeggia, che rimette in discussione l’impianto di scelte sulla organizzazione di Governo. Bassanini, nella sua confusionaria immaginazione, aveva però previsto opportunamente lo strumento della legge delega. Oggi invece si interviene per decreto-legge. Non si possono adottare strumenti impropri, in luogo di quelli più corretti della riapertura dei termini del decreto legislativo n. 300. Sulla base di quale necessità e urgenza si è agito? Forse quella di dovere sistemare molte posizioni di partito attraverso lo spacchettamento dei Ministeri. Non si inventino allora soluzioni stravaganti. Sarebbe troppo facile oggi riprendere i vostri giudizi del 2001 rispetto a modifiche marginali, quelli del Senatore Mancino, dello stesso Bassanini e tanti altri e cioè: di non istituire per decreto nuovi Ministeri perché ciò risulta incoerente con la stabilità ordinamentale votata dal Parlamento; perché tale scelta risponde solo alla organizzazione interna della maggioranza; perché ci eravamo sottratti al confronto; perché si creavano più poltrone da distribuire, perché più la coalizione è vasta più le poltrone aumentano; perché non è dettata da funzionalità. Queste erano le vostre sproporzionate accuse rispetto a modesti interventi!

Questo provvedimento determina rilevanti problemi sullo stato giuridico e retributivo del personale coinvolto. Non ha nulla da dire il ministro Padoa-Schioppa sui costi derivanti dalla ricostruzione delle carriere ai fini dei trattamenti previdenziali; né sui problemi legati ai differenziali nei trattamenti retributivi esistenti nelle varie amministrazioni; Non è una riforma a costo zero come si vuoi far credere, né è sufficiente quella modesta e fittizia copertura, senatore Morando. Dove erano i rappresentanti sindacali, gravemente ignorati dalla assoluta mancanza di concertazione? Dove erano quando veniva preso questo provvedimento che coinvolge migliaia di lavoratori, migliaia di famiglie e che viene affrontato solo in modo schematico e approssimativo a monte del sistema, senza valutarne gli effetti a valle con pesanti riflessi sociali?

La verità è che il sindacato è già ancella di questo Governo e preferisce non vedere le pesanti conseguenze di scelte operate senza alcun coinvolgimento. Altro che concertazione! Il sindacato si presta ad essere scialuppa di questo governo e quella che verrà sarà solo una finzione di concertazione sulla pelle dei lavoratori. Oggi è necessaria una moratoria nel pubblico impiego anche perché di recente sono stati approvati alcuni importanti contratti delle aree dirigenziali ad opera del ministro Baccini da cui deriveranno innovazioni inevitabili e sostanziali. Il delicato meccanismo degli assetti amministrativi pubblici, per i prossimi anni non ha bisogno di ulteriori elementi di turbativa. Non ne deriverà una migliore disciplina amministrativa perché si viola la unitarietà delle strutture ministeriali basata sulla omogeneità delle funzioni, come ricordava il senatore Saporito, ignorando quei principi fissati nel ’99, dalla maggioranza di centro-sinistra.

Per quanto riguarda poi il contenimento della spesa, tale obiettivo sarà una pura utopia perché, come è noto, “l’aumento dei centri di spesa fa aumentare la spesa”. Per le carriere dirigenziali, in presenza di differenziali retribuzioni nelle posizioni e nei risultati ne deriverà uno sconvolgimento suscettibile di maggiori oneri con problemi anche il personale “livellato”, poiché l’indennità di amministrazione è differente da Ministero a Ministero. A ciò aggiungasi la “moltiplicazione” degli Uffici. Il principio della invarianza della spesa, ricordato dal senatore Ciccanti, sarà affidato a relazioni tecniche redatte a valle, cioè in corso d’opera nonostante che al Ministero della Economia siano stati riconosciuti solo sulla carta poteri interdettivi sugli altri Ministeri, i cui titolari, peraltro, hanno manifestato dissenso. La verità è che si vuole di fatto esautorare gran parte della dirigenza pubblica dai compiti istituzionali con buona pace dell’indipendenza e della terzietà del potere amministrativo.

E nel merito come non valutare negativamente e in contrasto con la buona amministrazione: le disposizioni atte a sottrarre al Ministero dell’Interno rilevanti competenze in materia di enti locali; il trasferimento delle politiche antidroga dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al Ministero della solidarietà sociale con scelte permissive e diseducative come quelle del ministro Turco; la sottrazione al Ministero dell’Interno delle funzioni di vigilanza sull’albo dei segretari provinciali e comunali, in contrasto con il ruolo riconosciuto ai prefetti, con riferimento alle procedure di scioglimento dei Consigli comunali; il trasferimento di competenze per il turismo al Ministero dei beni culturali senza tener conto che alla Agenzia nazionale del Turismo vengono affidati quasi tutti i compiti sinora variamente delegati; il pericoloso sdoppiamento delle competenze tra Ministero delle Infrastrutture e Trasporti in quanto una seria politica dei trasporti e delle infrastrutture non può prescindere da una unica sede decisionale competente sulle Infrastrutture da realizzare. Tutto ciò è tanto più grave, perché la pluralità di opinioni, anche contrastanti con quelle della maggioranza, impedisce un’efficace e corretta gestione della politica economica.

La logica spartitoria – come ricordava il senatore Baldassarri – si è spinta fino al punto di sottrarre la segreteria del CIPE alla storica allocazione presso il Bilancio, pregiudicandone migliori condizioni e funzionalità.

Onorevole Presidente, onorevoli senatori, il provvedimento al nostro esame è una pericolosa scatola vuota perché, per disciplinare meglio le varie materie, non fa puntuale menzione del ricorso al Regolamenti governativi che, adottati sulla base di norme di rango primario, consentirebbero quella delegificazione necessaria per attuare, con procedimenti più corretti, la riforma in atto. Ribadiamo la nostra contrarietà riguardo lo strumento utilizzato – non è difficile prevedere un inceppamento della macchina burocratica – per cui voteremo convintamente contro il decreto in oggetto e contro il Governo Prodi, che ha avuto vita per mezzo di un pessimo compromesso, sì da risultare diviso nella sua stessa maggioranza, frammentato nelle sue opzioni politiche ed incapace di assumere decisioni nell’interesse del Paese.

Si tratta di un Governo che ha usato i conti pubblici come manovra diversiva e che è stato capace solo di costruire una grande operazione mediatica per nascondere le proprie falsità; un Governo che, a parole, predica la concertazione e la nega nei fatti; un Governo che sulle liberalizzazioni non ha avuto il coraggio di intervenire sui lavori pubblici locali, quelli sì, necessari ed urgenti; un Governo che ha imposto scelte sbagliate, nel metodo e nel contenuto, per colpire il ceto medio, discriminando tra le parti e violando i diritti dei lavoratori e delle varie categorie senza neppure ascoltarne le ragioni; un Governo che attacca la famiglia, quel modello scritto nella Costituzione che solo a parole afferma di difendere, e che nei fatti e nei comportamenti, invece, si vuole irreparabilmente stravolgere e distruggere con la propria ambiguità.

La maggioranza più debole della storia repubblicana ha la struttura di Governo più numerosa degli ultimi 60 anni: è illusorio pensare che, con una coalizione che contiene undici raggruppamenti, questo Governo possa affrontare i problemi politici del Paese, troppo grandi per essere risolti da un Esecutivo così fragile. Per tali ragioni, voteremo contro la richiesta di fiducia al Governo. (Applausi dal Gruppo UDC e dei senatori Sterpa e Saporito).

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