Alla festa popolare dell’UDC di Chianciano manca il dibattito sul partito.

Alla festa popolare dell’UDC di Chianciano manca il dibattito sul partito.

Finalmente è stato pubblicizzato il programma UDC della festa popolare di Chianciano incentrata sul futuro dell’Italia con le sessioni dedicate all’Europa,  alle riforme alla politica,  al lavoro ed ai diritti. Temi importanti ma compressi in spazi preconfezionati.


Si configura per una larga partecipazione di rappresentanti del  governo in carica in grado di assicurare un forte ritorno mediatico. V’è la singolare contraddizione che  alcuni esponenti politici vengono etichettati con la sigla del partito di appartenenza e altri invece no, in forma asettica meno compromissoria.  

È presente l’intero governo Letta con la sola assenza del ministro del’Economia e quella più comprensibile del ministro degli Esteri Emma Bonino. Eppure i temi europei non sono assenti.


Si nota l’assenza vistosa  del leader di Scelta Civica  Mario Monti a conferma dei recenti ultimi contrasti in terra avellinese e di una ormai forzata coabitazione in previsione  di  una definitiva rottura. Con il paradosso che l’UDC marca la distanza dal leader in precedenza  osannato cercando sponde interne al movimento.


Ma il dato più rilevante è la compressione degli spazi destinati al dibattito che viene marginalizzato alla apertura mattutina e alla ripresa pomeridiana del sabato. Forse un’ora o due.
È troppo poco certamente per un partito che doveva celebrare il congresso e che lo allontana giorno dopo giorno,  così come   ogni momento  significativo di confronto interno. Ancora una volta prevale il tatticismo  eludendi i temi di attualitá politica: dal leaderismo al populismo, dalla democrazia interna alla democrazia partecipata, dalla crisi della rappresentanza al sistema Paese nel contesto economico internazionale.
Nella prospettiva del PPE, tema centrale della festa, tutto viene visto in funzione di piccoli adattamenti istituzionali. Invece c’è bisogno di cambiamenti radicali proprio a cominciare dal PPE e prima ancora dai soggetti aderenti alla stessa famiglia europea.  Non una costruzione dall’alto ma dal basso, dai cittadini europei chiamandoli ad essere protagonisti del cambiamento  di una Europa rinnovata nelle Istituzioni e nella governance.

È solo da partiti rinnovati e non sclerotizzati che può venire  la spinta adeguata al cambiamento.
Il partito dei militanti e degli iscritti è chiamato ancora una volta  ad assistere più che a partecipare alla elaborazione della linea politica. Tutto viene imposto.
Altro che festa popolare!. È una festa di élites autoreferenziali e chiuse in se stesse.

Roma, 7 settembre 2013

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