Riprogettare un impegno politico
Il risultato elettorale del 24 e 25 febbraio pone i cattolici di fronte alle loro responsabilità. Per la prima volta dal dopoguerra non c’è in Parlamento una entità riconoscibile, una rappresentanza organizzata. Si è passati dalla irrilevanza alla insignificanza. E’ come se una società pluralista, nata dalla Resistenza e dalla Carta Costituzionale fosse monca di una sua componente originaria. Tutti i vessilli sono stati ormai ammainati, compresi quelli che facevano riferimento a lembi di tessuto del glorioso scudo crociato. Non sono pochi gli elettori che di fronte ad una offerta politica che rinvigoriva lo schema bipolare destra – sinistra, si sono rifugiati nella indifferenza e nell’astensione. V’era poi l’anomalia del Movimento cinque stelle che coglieva in modo copioso i frutti dell’antipolitica agitata da certa stampa interessata ad un cambiamento sul sistema attraverso scosse telluriche mediatiche determinando un risultato che è andato in una direzione inaspettata nella dimensione, diventando un terzo polo di pari entità degli altri due. I tre poli sono divergenti nella azione programmatica e nelle prospettive.
Le legge elettorale, immutata per convenienza, nonostante le sollecitazioni, ha poi favorito l’arroccamento dei partiti-coalizioni chiusi nei loro cerchi impenetrabili a qualsiasi logica e regola di democrazia interna.
La lista civica di Monti con un risultato inferiore alle aspettative ha prosciugato completamente il serbatoio elettorale dell’UDC e di Futuro e Libertà portando Casini e Fini all’irrilevanza politica per essersi schiacciati sui potentati e sui circoli di potere venendo meno alla idendità dei rispettivi partiti. Gli elettori hanno percepito le ambiguità e le contraddizioni di Lista Civica, così come il venire meno alle aspettative e agli obiettivi del governo di tregua, che si trasformava progressivamente nella prospettiva elettorale in governo politico. Un governo tecnico senza anima politica ha finito per compiere errori gravi errori di politica economica senza quel respiro e quella mediazione che solo la politica può dare. I 14 mesi di governo hanno dato seguito alla finanziaria recessiva, alla riforma delle pensioni con evidenti scompensi valutativi sugli esodati , ad un mercato del lavoro che ha ristretto l’occupazione anziché favorirla, ad una line ad politica estera divisiva perfino sulla vicenda dei marò con la implosione del governo nell’aula di Montecitorio.
Gli elettori hanno distintamente compreso il fallimento di Todi 1 e di Todi 2, il venire meno di alcune componenti e movimenti e soprattutto il ripiegamento delle gerarchie cattoliche rispetto a più coraggiosi e decisi orientamenti politici.
Gli elettori hanno determinato un risultato che per lista civica vanifica il tentativo di diventare l’ago della bilancia soprattutto in Senato dove i numeri sono più precari.
Per i cattolici si pone allora una scelta fondamentale, quella di riprendere un cammino di unità, di superare la fase della diaspora, di cancellare le divisioni, di abbandonare sterili personalismi e deboli leadership, di porsi, invece, con umiltà alla ricerca di un coagulo che permetta di ritrovarsi insieme, di guardare alle nuove generazioni con generosità nel segno di una nuova e rinnovata piattaforma politica e culturale.
Non abbiamo bisogno, oggi, di tanti giocatori, di soli reduci di tante battaglie politiche, ma acciaccati e logorati nel fisico, ma di sapienti allenatori che sappiano dare consigli intelligenti e utili indicazioni. Abbiamo bisogno di energie nuove , vitali per una stagione politica che si apre nel segno della incertezza e della precarietà, mentre ci sarebbe bisogno di Istituzioni solide e riformate, soprattutto per competere adeguatamente nella economica globalizzata e nel contesto europeo.
Questo è il momento non di ripiegarsi in se stessi ma di mettersi al servizio di una idea ricostruttiva degli ideali che ci hanno accompagnato in cinquanta anni di vita politica e parlamentare. Il momento della emergenza richiede di mettere tutte le forze in campo. Non c’è più tempo da perdere. C’è in campo Camaldoli due con l’impegno quotidiano di Bartolo Ciccardini e può essere un momento importante di elaborazione culturale aperta, senza le chiusure e i recinti di Todi 1 e 2, ispirata a metodi e principi per nuovi slanci ideali. Da qui a luglio però dobbiamo attivare la rete orizzontale fatta di persone, di associazioni, di movimenti e di strumenti adeguati comprese le nuove tecnologie per risvegliare coscienze e intelligenze sopite, recuperare e alimentare tensioni morali e culturali con la generosità di chi vuole essere ancora attore e protagonista in ogni possibile ruolo, di chi non si arrende alla situazione politica attuale e agli errori di scelte politiche insensate. L’effervescienza creativa dei singoli andrebbe meglio coordinata e indirizzata.
Se saremo in grado di creare un ponte intergenerazionale positivo tra giovani e meno giovani, tra figli e genitori, tra nipoti e nonni allora si avremmo raggiunto un obiettivo grande che stempera le tensioni, facilita il dialogo, elimina la frattura intergenerazionale alimentata per creare divisioni e per distruggere l’architettura della società italiana costruita sui valori della solidarietà familiare recuperando quel modello che ci ha permesso di superare tante difficili prove. Dovremo forse recuperare un linguaggio semplice, come il “discorso dello spazzino” del 1951 in Campidoglio, cioè dell’uomo della strada per citare il famoso filosofo del diritto Giuseppe Capograssi .
Ripartire da questo momento di sconfitta politica per l’intero movimento dei cattolici per rinnovare una tensione ideale per guardare ad una nuova funzione del politico cattolico perché non è neppure più quella “dell’amministratore dei voti” per citare una frase di Augusto Del Noce. Perché non ci sono più voti e non si sono più amministratori.
E allora mettiamoci in cammino, riprendiamo vigore per ridarci una rappresentanza politica. Ripartiamo dall’entusiasmo giovanile dei più esperti, ma protagonisti di tante battaglie parlamentari, come Bartolo Ciccardini, Publio Fiori, Gerardo Bianco, Mario Tassone e quanti vogliano impegnarsi per non arrendersi alla irrilevanza, per non rassegnarsi all’indifferenza.
Possono essere il comitato dei garanti di una nuova stagione. Nella fase che si aprirà I generali dovranno guadagnarsi le stellette sul campo senza investiture o cooptazioni.
Alla vigilia della Santa Pasqua di Resurrezione ritrovare e rinnovare l’utopia di Camaldoli significa essere consapevoli della nostra memoria e di non avere paura del confronto per guardare al futuro senza rassegnazione.
Roma, 28 marzo 2013