Intervento in aula sulla legge sul risparmio e la tutela dei mercati finanziari

Intervento in aula sulla legge sul risparmio e la tutela dei mercati finanziari

EUFEMI, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a conclusione di un dibattito ricco di ben 25 interventi desidero rivolgere il più sentito ringraziamento ai colleghi per le opinioni espresse e gli elementi portati su un tema centrale come quello del risparmio e della tutela dei mercati finanziari. Il dibattito è stato tuttavia caricato di molti significati impropri, di molti argomenti estranei, compresa la legge elettorale. Non abbiamo ascoltato una penetrante valutazione delle scelte operate e delle norme licenziate dalle Commissioni riunite, nessun riconoscimento, come se fosse tutto da respingere. 

Bene ha fatto il Ministro dell’economia ad inquadrare la riforma in un continuum di interventi volti a definire una più complessa architettura di regole finanziarie efficaci, adeguate ad un sistema aperto e globalizzato. Il dibattito è stato aperto dall’intervento del Ministro che ha posto due questioni: la crisi di credibilità del Paese ed il problema del passaggio delle funzioni della concorrenza sul credito dalla Banca d’Italia all’Antitrust. 

Occorre sgombrare il campo dagli equivoci. La stessa indagine conoscitiva parte ben prima delle vicende relative al controllo di due banche. Il punto di partenza è quello degli scandali finanziari in Italia, che seguono e non precedono quelli europei e degli Stati Uniti. Ad ogni buon conto, va ricordato che il caso Enron non è stato scaricato sulla FED, a differenza di quanto si è registrato da noi con accuse indiscriminate e quindi superficiali. Non è la questione Banca d’Italia ad impedire o ritardare la riforma. I tempi non coincidono con le recenti vicende bancarie. La crisi di credibilità è stata innescata, ben prima delle vergognose polemiche per rovesciare le decisioni del mercato a favore della banca olandese, dall’incapacità di dare concreta e credibile attuazione ad una vera politica di risanamento della finanza pubblica, indispensabile per sostenere la crescita e lo sviluppo del Paese. La credibilità si misura dai comportamenti degli investitori e dei risparmiatori. 

Non vi è stata la coda di questi ultimi agli sportelli delle banche, come nel 1992, in occasione del prelievo straordinario del 6 per mille sui conti correnti. Bene ha fatto il senatore Grillo a ricordare il rapporto, che oggi è rimasto inalterato, tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi. Abbiamo ascoltato molte sciocchezze nei giorni scorsi, compresa quella sulla cancellazione di un’offerta di bond a trent’anni, cogliendo di sorpresa i mercati e provocando un piccolo salto nel prezzo dei titoli trentennali emessi in passato. È un’affermazione falsa, che noi respingiamo. Da un anno le emissioni dei BTP a trent’anni non vengono effettuate. (Applausi del senatore Grillo). In ogni caso, dobbiamo dire che il calendario delle emissioni del Tesoro è stato pienamente rispettato con l’annuncio delle aste a cinque e quindici anni, avvenute il 6 settembre scorso. Non sembra inoltre dimostrabile che le vicende in corso abbiano cominciato ad avere effetti concreti sul nostro debito pubblico. Infatti, le aste dei titoli suddetti, svoltesi il giorno 13 settembre, hanno registrato una buona domanda (8,3 miliardi di euro a fronte di 4,5 offerti), con rendimenti di aggiudicazione in discesa. Sui BTP a quindici anni è stato addirittura fatto registrare il minimo storico del 3,58. Il mercato secondario non è stato turbato dalle vicende in corso, in quanto il differenziale di rendimento tra BTP e Bund decennali è diminuito dai 23 centesimi di punto toccati il 6 giugno, a valori tra 20 e 21 centesimi, registrati stabilmente dallo scorso luglio. Questi sono i fatti sui quali invito i colleghi a riflettere. 

Perché solo ora si è chiesta una riforma profonda della Banca d’Italia? Perché solo ora la sinistra chiede un intervento, ma non ha fatto nulla nei cinque anni di Governo? (Commenti del senatore Bonavita). Perché non ha utilizzato la grande riforma della finanza per intervenire? Non stiamo parlando di una cosa di settant’anni fa, come la legge bancaria del 1936, ma della legge Draghi, che è del 1998. Il Testo Unico di finanza è solo di sette anni fa. Quello era il momento di avanzare proposte o di emanare norme, ma non è stato fatto. Quella era l’occasione per incidere, prendendo atto delle grandi trasformazioni dopo la legge sulla ristrutturazione del sistema bancario, che ha portato alla sua crescita dimensionale, ad una sua più forte patrimonializzazione, insieme ad una maggiore capacità competitiva. È stato fatto un terrorismo mediatico per altri interessi. “Il rischio prevalente” – scriveva Menichella – “non era dentro il sistema bancario, ma esterno ad esso ed era quello della ricostituzione degli oligopoli industrial-finanziari, a danno dei consumatori e delle piccole e medie imprese. Al senatore Angius vorrei dire che nella fattispecie non si può separare la difesa della Banca d’Italia dal Governatore. Se si colpiscono le persone, si finisce per colpire le istituzioni. Coloro che ne vogliono la sostituzione, vogliono anche ferirne l’autonomia, travolgendo le regole, comprese quelle europee, previste dai Trattati internazionali e dallo statuto della Banca centrale europea, che non sono un optional.

GARRAFFA (DS-U). Noi vogliamo salvaguardare le istituzioni!

PRESIDENTE. Senatore Garraffa, la prego di non disturbare il relatore.

EUFEMI, relatore. Sulla riforma del modello delle Autorità di vigilanza, ho trovato sorprendente che il Ministro dell’economia abbia riproposto una questione che ritenevamo chiusa con la decisione delle Commissioni e che riconfermiamo in quest’Aula dopo la discussione generale. Nella ricostruzione degli avvenimenti mancano alcuni elementi fondamentali e particolarmente rilevanti come la inequivocabile sentenza del TAR che ha riconosciuto la piena correttezza dell’operato della Banca d’Italia, i pronunciamenti della Commissione europea e dalla Banca centrale europea e, da ultimo, il rispetto della legge, come sostenuto da parte del commissario McCreevy, il quale comunque non può essere il supremo interprete delle leggi italiane né ha il ruolo di giudice di legittimità. Nel momento in cui si assume questa responsabilità, finisce per venire meno il suo ruolo super partes rispetto ai Paesi europei: non sapevamo che Bruxelles fosse divenuta Bisanzio! Sarebbe più pertinente ed urgente eliminare i conflitti di interesse che riguardano alcuni commissari europei. Nel dibattito non abbiamo trovato riconoscimenti rispetto alle scelte operate dalle Commissioni sulla qualità degli interventi nella governance societaria, nel rafforzamento dei controlli, in una più forte trasparenza sulle società offshore, sulla disciplina del prospetto informativo che offrirà maggiori garanzie ai risparmiatori rispetto ai collocamenti e impedirà nuovi scandali finanziari. Si è guardato a tutelare non interessi di parte, ma esclusivamente i risparmiatori e, soprattutto, i risparmi dei giovani nella prospettiva dell’afflusso delle risorse del TFR sul mercato. 

Condivido pienamente i rilievi del senatore Tarolli sull’emendamento del Governo relativo al passaggio delle quote proprietarie della Banca d’Italia, sul calcolo delle quote del valore delle stesse legato ai diritti patrimoniali piuttosto che al valore corrente o economico delle stesse, sull’eccesso di giurisdizione e sulle modalità di copertura finanziaria. Pur tuttavia, rispettiamo la decisione unanime e collegiale del Governo. L’eccesso di procedure burocratiche può portare ad impedire il raggiungimento dell’obiettivo della trasparenza che si dice di voler perseguire e ad accrescere il tasso di lottizzazione delle e nelle istituzioni, accrescendo la loro inefficienza, oltre che la loro inefficacia. Siamo prioritariamente impegnati in una riforma di sistema che guarda al futuro e potrà rappresentare una valida risposta ai mercati finanziari, recuperando un clima di fiducia, di più forte fiducia. Il senatore Grillo ha ricordato gli anni dal 1987 al 1992. Credo che lo meritino perché quel periodo segna una riforma del mercato finanziario che, per incisività e per ampiezza, non ha precedenti. L’evoluzione della finanza internazionale ed il processo di consolidamento delle istituzioni finanziarie impongono una riflessione per le conseguenze sul sistema e per le sfide che si impongono al nostro sistema creditizio in termini di efficienza e di concorrenza. Diverso è svolgere una seria valutazione sul modello di banca universale, sul modello di specializzazione dell’industria bancaria. Il problema non è solo quello degli impieghi ma è anche quello della raccolta, poiché le due funzioni sono strettamente legate. Il problema non è solo la contendibilità e la concorrenzialità; non si può perdere di vista la finalità e la funzione del risparmio, quella cioè di favorire gli investimenti, la crescita e l’occupazione. 

Il senatore Cantoni, insieme ai senatori DebenedettiTurci e Cambursano tra gli altri, ha espresso rammarico per il fatto che il provvedimento non interverrebbe su alcuni profili che interessano la Banca d’Italia e, in particolare, sulla durata del mandato del Governatore e sulle competenze antitrust nel settore bancario. Sulla Banca d’Italia il Governo ha deliberato un intervento legislativo. Sul trasferimento di funzioni all’Antitrust, senatore Cantoni, no! Non vi possono essere maggioranze variabili, a seconda dell’argomento; altrimenti sarebbe il caos dei nostri lavori e l’impossibilità di raggiungere in tempi rapidi l’obiettivo di questa riforma. Sulla seconda questione, occorre dire che si tratta di aspetti che non riguardano gli scandali dai quali il provvedimento prende le mosse… (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente)… e che per converso incidono su equilibri complessivi degli assetti di controllo sul sistema finanziario. Questi ultimi hanno dimostrato di poter assicurare l’indipendenza dell’azione tecnica di vigilanza e la crescita del comparto bancario in contesti dapprima caratterizzati dalla prevalenza della banca pubblica, e successivamente dalla privatizzazione del sistema e dal suo funzionamento secondo i canoni di un mercato aperto e concorrenziale. L’attribuzione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di competenze in materia antitrust nel settore bancario è molto controversa; non si ritrova nella normativa degli Stati Uniti, non sarebbe una scelta efficiente nel nostro Paese. L’attuale riparto consente che la Banca d’Italia promuova e tuteli la concorrenza sia nella veste di Autorità antitrust che in quella di organo di vigilanza, costituendo la competitività del sistema creditizio e finanziario uno degli obiettivi della vigilanza prudenziale disciplinata dal testo unico bancario. L’accentramento in un’unica istituzione delle due competenze consente sinergie negli strumenti, nella elaborazione delle informazioni, nello sviluppo delle professionalità. 

La Banca d’Italia ha svolto, nella veste di autorità preposta alla tutela della concorrenza, oltre 50 istruttorie. Su nesun altro settore dell’economia è stato condotto in Italia un numero così elevato di procedimenti antitrust, da quando è entrata in vigore la legge n. 287 del 1990. Tutti gli indicatori dimostrano inequivocabilmente la crescita nell’ultimo decennio della concorrenza nel sistema bancario con riguardo alla struttura del mercato e dei tassi d’interesse, nonché alla redistribuzione delle quote facenti capo ai diversi operatori. È bene, infine, sgombrare il dibattito da un equivoco. 

La titolarità delle funzioni antitrust nel comparto nevralgico delle concentrazioni nulla ha a che vedere con l’apertura internazionale del sistema, e in particolare con la possibilità che operatori esteri acquisiscano quote di controllo nel capitale di banche nazionali. L’autorizzazione per l’acquisto di partecipazioni di controllo, o comunque rilevanti in enti creditizi, è espressamente prevista dal diritto comunitario, al fine di garantire la sana e prudente gestione dell’impresa bancaria. Diverse sono le valutazioni antitrust, volte ad accertare se un’operazione di concentrazione sia suscettibile di restringere la competizione tra operatori. Tale valutazione investe la struttura del mercato nazionale ed europeo e non le esigenze della singola banca. Le differenti prospettive fanno sì che non siano possibili, neppure in astratto, conflitti tra le conclusioni cui giungono i procedimenti di vigilanza e quelli antitrust. Ciò è naturalmente vero anche allorché l’istruttoria in materia di concorrenza sia svolta dalla Commissione europea. Non vi sono evidenze che le decisioni siano state motivate per fini di stabilità, a scapito della concorrenza. Lo stesso diritto comunitario prefigura le due procedure come nettamente distinte, e prevede che le valutazioni prudenziali sugli assetti proprietari delle banche vengano svolte esclusivamente dalle Autorità nazionali di vigilanza. Le valutazioni di vigilanza in materia di assetti proprietari sono conformi ai princìpi contenuti nella legislazione comunitaria, nel testo unico bancario e, in attuazione di quest’ultimo, nelle deliberazioni del CICR e nelle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia. Tali valutazioni hanno natura tecnica e, in presenza di operatori comunitari, prescindono da considerazioni non prudenziali quali la nazionalità dell’istante. La correttezza dell’operato della Banca d’Italia in questo ambito è testimoniata dalla circostanza che i provvedimenti in materia non sono mai stati oggetto di annullamento giudiziario. La stessa ultima decisione del TAR si basa su una istruttoria correttamente svolta dalla Banca d’Italia. Non c’è quindi alcuna credibilità da recuperare in ordine ai comportamenti della Banca d’Italia! Il senatore D’Amico ha presentato un emendamento che contiene tra l’altro la riforma del CICR. Ho trovato senz’altro mutata la sua posizione rispetto a quanto scriveva e leggevo negli anni ’90 in materia sulla necessità che il credito rientrasse nelle funzioni della concorrenza affidate alla Banca d’Italia. Sarebbe interessante, senatore D’Amico, rileggere il comportamento della Banca d’Italia all’interno del CICR sul finire degli anni ’80, tra i sostenitori di una lira sopravvalutata a vantaggio degli investitori USA, che portò poi alla crisi valutaria del 1992, e i sostenitori invece di un’idea diversa. Caratteristica peculiare del nostro sistema è quella di conferire alla Banca d’Italia la competenza in materia di stabilità e di concorrenza nel settore bancario, giustificata dalla relazione di complementarità tra concentrazione e concorrenza e dalla migliore informazione di cui dispongono le autorità di supervisione. V’è intreccio tra normativa nazionale e quella sovranazionale. L’elevata tecnicità dell’analisi della concorrenza nel settore del credito costituisce il principale portato degli elementi di specificità. 

In un recente libro di Napoletano viene riportata una frase del primo presidente dell’Antitrust, professor Saja, del seguente tenore (e mi rivolgo in particolare al senatore Grillo): “Noi di banche non capiamo niente. Per questo trasferire la competenza del sistema creditizio all’Antitrust sarebbe un errore perché non può essere disgiunta dalla stabilità e quindi dalla vigilanza che ha una conoscenza diretta, quasi automatica del sistema bancario. Insomma sa chi siamo e dove andiamo”. Al senatore Cantoni vorrei ricordare che lo stesso presidente… (Richiami del Presidente). Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Dicevo che lo stesso Antonio Catricalà, attuale presidente dell’Antitrust, ha riconosciuto, nei giorni scorsi, precisamente domenica, credo al congresso di Pesaro, che sulle concentrazioni bancarie l’Antitrust non è né preparata, né attrezzata. Con la legge n. 287 del 1990 fu fatta una scelta precisa: le norme specifiche riferite al settore del credito per le asimmetrie informative riflettono con chiarezza il ruolo inequivoco che il legislatore nazionale ha voluto attribuire alla concorrenza e in tale ramo di attività – e, dunque, la specificità del ruolo della Banca d’Italia e (vorrei ricordarlo al senatore Passigli) – e nell’editoria e nelle assicurazioni. Questa è la specificità. Questo principio, che vige dal 1991, è stato ribadito nel 1998 dalla normativa sul mercato finanziario. Il legislatore, dunque, ha affidato alla Banca d’Italia il ruolo di tutela della concorrenza nel settore creditizio per la specificità del settore. È molto semplice: la legge n. 287 si muove in coerenza con la filosofia della legge n. 218 del 1990. Trovo francamente contraddittorie le critiche alla protezione dell’italianità, a una presunta pretesa protezionistica e dirigistica dell’italianità, di esponenti della stessa parte politica che si è lamentata nei giorni scorsi della vendita di Wind a un investitore straniero, in un settore, come quello telefonico, dove è già presente un importante operatore italiano. Converranno quindi i sostenitori della contendibilità che le banche straniere non vengono in Italia a fare beneficenza. Non abbiamo visto presenti le banche straniere in molti casi di ristrutturazione industriale, come nel caso FIAT, nella SMI di Orlando, nella SIR di Rovelli, nell’Alitalia, nella Montedison, nel gruppo Ferruzzi, ma solo, com’è ovvio, presenze opportunistiche dove non vi sono rischi e nei collocamenti dove vi sono ricche commissioni. 

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, è il momento di dare risposte concrete ai mercati e ai risparmiatori. Da parte nostra non ci sottrarremo a queste responsabilità. Finché c’è questo sistema democratico parlamentare e le Camere assolvono ai loro compiti non potranno esserci lobby editorial-finanziarie o di altro genere capaci di imporre soluzioni fuori dalle regole democratiche. 

Senatore Cantoni, noi vogliamo andare avanti. Abbiamo contenuto le modifiche proprio per raggiungere l’obiettivo alto della riforma così come auspicato dal Capo dello Stato. Guardiamo con fiducia al senso di responsabilità di ciascuno affinché questa riforma possa entrare rapidamente nell’ordinamento. 

(Applausi dal Gruppo UDC e dei senatori Grillo, Carrara e Fasolino. Congratulazioni).

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