(1738) Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, recante disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale (Relazione orale) 

(1738) Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, recante disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale (Relazione orale) 

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, vorrei svolgere alcune considerazioni sull’emendamento 1.500.

In data 25 luglio 2002 le piccole e medie imprese hanno sottoscritto, insieme ad altre organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, l’avviso comune in materia di emersione di lavoro sommerso introducendo alcuni princìpi destinati ad essere tradotti, grazie all’impegno dei Ministeri interessati, in apposita disciplina di legge, a parziale modifica della normativa vigente. 

Tra le innovazioni introdotte dal decreto-legge n. 210 si prevede la costituzione di organismi collegiali territoriali (i cosiddetti CLES) con la partecipazione delle amministrazioni coinvolte e delle organizzazioni comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro. 

La dizione utilizzata all’articolo 1-bis, tuttavia, unitamente al numero dei componenti prescelti (otto in tutto), produce un grave danno alla rappresentatività delle piccole e medie imprese che verrebbero escluse dagli organismi in questione. Va sottolineato che in sede di trattativa per la predisposizione dell’avviso comune il testo dell’accordo tra le parti sociali, a differenza di quanto poi disposto dal decreto-legge n. 210, escludeva esplicitamente il riferimento alle organizzazioni di parte datoriale ed il ricorso al criterio dell’organizzazione comparativamente più rappresentativa riconoscendo, invece, l’esigenza della massima partecipazione dei soggetti firmatari. 

Sarebbe allora paradossale voler perseguire politiche di coinvolgimento delle parti sociali nei processi di emersione rinunciando, nel contempo, al fondamentale contributo della rappresentanza territoriale della piccola e media impresa nell’attuazione e gestione delle iniziative previste a tale scopo. La questione è di massima importanza in quanto coinvolge direttamente i fondamenti della rappresentatività delle confederazioni nel settore industriale. Il principio che oggi sembra prevalere, quello cioè relativo all’organizzazione comparativamente più rappresentativa in luogo del tradizionale rinvio alla maggiore rappresentatività, è dirompente per il sistema delle piccole e medie imprese e per l’equilibrio della presenza dell’organizzazione imprenditoriale negli organismi pubblici collegiali. Ritenevo di fare cosa utile richiamando l’attenzione del Governo e del relatore sul problema della rappresentanza; è necessario tener conto della realtà del Paese che è fatta certo di grandi imprese, alcune in crisi, ma anche di piccole e medie imprese che rappresentano la spina dorsale della nostra economia, troppo spesso dimenticata.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, c’è troppo brusìo in Aula. Devo pregarvi di abbassare il tono. 

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Quelle piccole e medie imprese che rappresentano, appunto, la spina dorsale del Paese e che hanno garantito la tenuta dell’occupazione, anche grazie al sostegno di buone leggi come la n. 317 del 1991 o la legge n. 1329 del 1965 (cosiddetta Sabatini, lo ricordo a chi ha poca memoria storica, ma per quello c’è sempre la strada dei debiti formativi). Troviamo, dunque, una contraddizione tra affermazioni di principio e risultati pratici che richiederebbero certamente una grande coerenza. (Applausi dal Gruppo UDC:CCD-CDU-DE).

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