Intervento in Aula su decreto salva-deficit

Intervento in Aula su decreto salva-deficit

(1425) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, recante disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.

*EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, questo decreto-legge è giunto in tempi e modi che non hanno consentito al Senato nessuna possibilità di intervento o miglioramento, ma solo di ratifica. Si tratta, tuttavia, di un altro tassello importante dell’azione di rinnovamento e modernizzazione delle strutture, portata avanti con determinazione dall’Esecutivo.

Il provvedimento è stato al centro di forti polemiche, in parte strumentali. Non si tratta, infatti, di una manovra di contenimento correttiva, e ciò è dimostrato dall’entità delle cifre che abbiamo di fronte. Esso offre tuttavia l’occasione per svolgere alcune riflessioni sull’area pubblica, in merito alla quale in Commissione abbiamo espresso alcuni rilievi.

Per quanto attiene alle norme di carattere tributario, esse sono positivamente volte all’unificazione e alla semplificazione degli adempimenti. È evidente che l’intervento legislativo sull’anticipo dei versamenti avrà riflessi sui compensi dei concessionari in conseguenza della riduzione della valuta. Ma la nostra attenzione è stata focalizzata sulla cooperazione e, dunque, sugli effetti determinati dall’articolo 6 in cui si prevede una tassazione per le cooperative, con l’esclusione di quelle sociali e di quelle di garanzia collettiva fidi. Tutte le altre sono delineate in modo abbastanza significativo.

Opportuna – a nostro avviso – è stata la differenziazione per il settore agricolo in quanto già provato da eventi atmosferici. Detta tassazione, seppure accettabile, rappresenta un modo per far pagare un po’ a tutti, mentre sarebbe stato più equo far pagare le sole cooperative che, non rispettando il requisito della prevalenza, si sono già poste fuori dalla mutualità e che quindi non dovrebbero fruire di alcuna agevolazione.

Sollecitiamo il Governo affinché nel periodo che intercorre tra l’emanazione del provvedimento in esame e l’emanazione dei decreti delegati ponga mano alle norme definitive, orientandole in modo da premiare le cooperative virtuose e penalizzare quelle non meritevoli. Gli strumenti esistono e confidiamo sugli obiettivi pienamente raggiungibili.

In particolare, occorre evitare che il patrimonio delle cooperative agevolate, nel momento in cui vengono a perdere tale status, vada disperso a vantaggio di soci senza scrupoli, evitando che le cooperative che dovrebbero essere penalizzate di fatto godano di maggiori vantaggi rispetto a quelle non agevolate. Occorre fare in modo, però, che trascorso il periodo transitorio, si intervenga con norme fiscali affinché le cooperative che sono tali solo di nome non fruiscano più di vantaggi rispetto alle altre imprese senza disperdere le agevolazioni che devono essere riservate alle cooperative più vere e autentiche.

Abbiamo avuto modo di sottolineare come la costituzione della società Patrimonio dello Stato S.p.a. sia un’occasione per l’ammodernamento dello Stato. Come non ricordare i tentativi finora arenati per difficoltà ricognitive, resistenze burocratiche e reazioni dei beneficiari? Oggi questo Governo dà una forte accelerazione in tal senso. I beni pubblici, la loro proprietà, vengono conferiti ad una nuova società.

Dobbiamo eliminare pregiudizi e timori rispetto a svendite di beni di maggiore valore e sulla possibilità che dietro queste operazioni si nascondano abusi e illeciti. Questi possono essere fugati da regole certe, trasparenti, visibilità e conoscenza del valore del bene, del reddito prodotto, degli aumenti richiesti, delle spese per la valorizzazione e delle entrate complessive dalle dismissioni.

Anche Sabino Cassese, come ho già avuto modo di ricordare in Commissione, ha espresso un giudizio sostanzialmente favorevole sul provvedimento, salutando positivamente l’idea di avviare una gestione economica del patrimonio dello Stato rispetto ad una gestione antieconomica.

Certo, dobbiamo prevedere l’introduzione anche di un codice etico affinché tutto avvenga in un ambiente sterilizzato rispetto a regole di condotta, incompatibilità, conflitti di interesse.

Oggi ci siamo posti l’obiettivo prioritario della valorizzazione e della redditività, producendo un duplice vantaggio: generare entrate utilizzabili continuativamente, destinare le entrate una tantum ad investimenti.

La valorizzazione del patrimonio immobiliare consente alla pubblica amministrazione di fare un indispensabile salto di qualità, misurandone così l’efficienza gestionale, abituando l’intero settore pubblico e i suoi dirigenti al calcolo economico, alla valutazione dei costi, all’esame delle entrate, in definitiva alla sfida del mercato.

Con questo decreto viene anche previsto il lancio di Infrastrutture S.p.a., come volano per le grandi opere e soprattutto per l’alta velocità. Con Infrastrutture S.p.a. si realizza un’entità esterna alla pubblica amministrazione, sul modello di ciò che è stato realizzato in altri Paesi europei per spostare fuori del bilancio pubblico il finanziamento delle grandi opere, quelle opere capaci di generare reddito, come le autostrade, le ferrovie, i parcheggi, gli aeroporti.

Per quanto attiene alle società Patrimonio dello Stato S.p.a. e Infrastrutture S.p.a., la nostra unica preoccupazione era quella di completare e migliorare la proposta governativa, mossi unicamente dall’esigenza di evitare in modo surrettizio l’ampliamento dell’area pubblica, sia per quanto riguarda il patrimonio immobiliare sia con riguardo alle partecipazioni azionarie in imprese pubbliche. Apprezziamo pertanto l’annuncio di nuove privatizzazioni.

Pareva opportuno, tuttavia, cogliere questa occasione – soprattutto dopo la grande fase che ha visto la cancellazione delle partecipazioni statali, per cui il Parlamento svolgeva azioni di controllo, e dopo il radicale spostamento al Tesoro, ora Ministero dell’economia, di tutte le partecipazioni azionarie pubbliche – perché fossero introdotte norme di garanzia.

Sarebbe stato cioè auspicabile introdurre il registro telematico delle partecipazioni azionarie pubbliche, accessibile al pubblico attraverso mezzi informatici, come segno di trasparenza; definire ancora meglio il potere di indirizzo e di controllo dei singoli Ministeri di settore con partecipazione pubblica; prevedere la presentazione di una relazione al Parlamento, allegata alla relazione previsionale e programmatica; predisporre un registro telematico delle garanzie, come pure una più attenta valutazione per l’ispettorato e la liquidazione degli enti disciolti rispetto al contenzioso pendente. Di tutto ciò ci siamo fatti carico con specifici ordini del giorno, su cui crediamo che il Governo saprà dare le risposte giuste ed opportune.

Abbiamo richiamato in modo esplicito l’attenzione del Governo sull’attività erogativa delle fondazioni, dopo il processo di ristrutturazione del sistema bancario, sui rischi di spiazzamento cui si aggiungono quelli delle attività delle fondazioni bancarie e dunque su una ripartizione delle risorse che tenti un progetto di solidarietà tra Nord e Sud, finalizzato a recuperare gli squilibri attraverso un fondo partecipato, alimentato in proporzione alle risorse.

Abbiamo posto con forza l’esigenza di regole e controlli perché crediamo nella funzione e nella centralità del Parlamento; al tempo stesso diciamo con forza che non vi è alcun tentativo neostatalista, bensì un progetto di ottimizzazione delle risorse.

Vorremmo fugare le diffuse preoccupazioni ascoltate in quest’Aula: non stiamo applicando il modello Enron delle scatole cinesi, di muraglie, che non reggono, al bilancio di uno Stato dell’Unione, per riprendere tesi espresse da esponenti della sinistra. Riteniamo che tutto ciò faccia parte della rappresentazione e della cultura del catastrofismo, portato avanti dalla sinistra quando non è in posizione di governo. Abbiamo avuto l’11 settembre e riprodurre il modello Enron avrebbe significato l’applicazione disastrosa, suicida, direi demenziale, di ciò che è avvenuto l’11 settembre nei mercati finanziari.

Riteniamo che la sinistra sia troppo ossessionata dalla demonizzazione continua del Presidente del Consiglio e non perda occasione di affrontare tale questione anche con riferimento, come è stato fatto poco fa, ai diritti indisponibili sia concessori sia radiotelevisivi. Vorremmo tranquillizzare la sinistra: non abbiamo posto nuove tasse e non chiameremo il popolo italiano all’ingente tassa per cancellare l’ipoteca sul Colosseo che appartiene, non alla finanza creativa, ma alla fantasia finanziaria.

Vorremmo tranquillizzare la sinistra che non si costituisce alcuna IRI. Identica preoccupazione non è stata espressa quando si costruiva la conglomerata ENEL, che anziché dedicarsi a ridurre le tariffe elettriche destinava investimenti alla telefonia.

Certo, vi è il problema dei controlli e della posizione del Parlamento rispetto alla innovazione legislativa, ma tutto ciò dovrebbe far parte di una posizione condivisa.

Questa non è finanza creativa, ma una riforma strutturale fondata su due pietre angolari: la Infrastrutture S.p.a. e la Patrimonio dello Stato S.p.a., con l’obiettivo di valorizzare l’attivo che rischia di essere inutilizzato: si tratta dello Stato che societarizza l’attivo di bilancio disciplinando e incentivando la ricerca di redditività.

Siamo però convinti che non sia sufficiente una buona legge per raggiungere buoni obiettivi, ma si richiedono anche uomini in grado di cogliere la sfida; al riguardo, l’indicazione del professor Monorchio è apprezzabile per il senso delle istituzioni che ha mosso tutta la sua quarantennale attività al servizio del Paese.

Per queste ragioni, il Gruppo UDC esprime consenso sulle finalità del decreto-legge n. 63 del 2002 insieme a irrinunciabili rilievi e a quelle indicazioni finalizzate ad interventi migliorativi e normativi che, allo stato, riteniamo possibili e che certamente il Governo saprà attentamente valutare e considerare.

Il nostro auspicio è che prevalga un corretto andamento dei lavori parlamentari; il nostro auspicio cioè è che, dopo la fase della grande spinta della securitation, che pure ha portato indubbi vantaggi, si ponga anche attenzione al completamento delle riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno, caratterizzando in senso riformatore l’azione del Governo cui va il nostro pieno sostegno. (Applausi dal Gruppo UDC:CCD-CDU-DE. Congratulazioni).

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