Ratifica ed esecuzione del Trattato di Nizza
Ratifica ed esecuzione del Trattato di Nizza che modifica il Trattato sull’Unione europea, i Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Nizza il 26 febbraio 2001
*EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, questo dibattito parlamentare sulla ratifica del Trattato di Nizza si svolge non solo dopo Laeken, ma immediatamente dopo un grande successo della nostra diplomazia, di politica estera, con la Russia di Putin associata ad un organismo di cooperazione, segno di tempi profondamente cambiati.
Quella odierna è certo una tappa fondamentale di un lungo cammino, come lo furono i Trattati di Roma, la Conferenza di Helsinki del 1975, lo SME e Maastricht, di cui furono protagonisti il presidente Andreotti e l’ex ministro del tesoro Carli, e poi Amsterdam e ancora Nizza. Tutto ciò nonostante le incertezze determinate dal referendum irlandese, che certo ha inferto una ferita al processo riformatore, come abbiamo preoccupazione per il voto francese, che deve suonare come un campanello d’allarme evitando che pulsioni interne si possano poi manifestare sui referendum europei.
Ora siamo nel pieno del processo costituente europeo, con itinerari stringenti. Dopo l’avvento dell’euro si può cominciare a correre, si sta aprendo il decennio dell’Europa con una seconda ondata di democrazia.
Nonostante i tiepidi giudizi, nonostante le indubbie novità della Carta dei diritti, dell’estensione del voto a maggioranza, delle decisioni sull’allargamento, la grande novità è stata – come ha ricordato efficacemente il presidente Pera – il discorso sul metodo, riscoprendo il metodo Monnet che è induttivo perché parte dal basso.
Se vogliamo consolidare i vantaggi acquisiti come pace, libertà, crescita economica, benessere diffuso, estensione dei diritti sociali, dobbiamo aggiungere i vantaggi istituzionali, che non possono essere messi in discussione dal processo di costruzione.
La Carta di Nizza non è solo la carta dei diritti fondamentali, strumento giuridico atteso da oltre trent’anni: è momento di progresso nella costruzione dell’Europa. Certo, sono stati raggiunti compromessi, un difficile equilibrio, momenti di difficoltà come la minoranza di bloccaggio, il metodo della cooperazione rafforzata, l’estensione della maggioranza qualificata; progressi che senza dubbio sono importanti ma possono essere inadeguati se il dibattito sull’avvenire dell’Europa metterà a confronto un gruppo di Paesi pronti ad accettare il principio di una Costituzione di carattere federale ed un altro gruppo di Paesi decisi a salvaguardare l’ormai apparente sovranità nazionale nell’ambito di un’Europa di tipo confederale.
Dobbiamo evitare di correre il rischio di imporre con i numeri scelte politiche che si riflettono sugli uomini. La costruzione europea è un edificio che va costruito con calma per resistere alle difficoltà. Nizza è un passo nella direzione di riunire i Paesi del nostro continente in una grande area di pace, stabilità e progresso, senza esclusioni preconcette come quelle espresse dal presidente Prodi nei confronti della Russia, secondo il quale un eventuale ingresso rappresenterebbe un fattore di squilibrio per la sua dimensione territoriale e di popolazione. Sono giudizi che non condividiamo.
Ora dobbiamo guardare a una più precisa divisione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri, incorporare nel Trattato la Carta dei diritti fondamentali, semplificare l’organizzazione dei trattati e interrogarsi sul ruolo delle istituzioni.
Dopo l’introduzione con pieno successo dell’euro, si afferma sempre più l’idea dell’Europa. È una moneta senza Stato e dunque si aprono problemi nuovi connessi ad istituzioni più efficienti e democratiche e non ancora stabilizzate. Occorre ripensare le politiche di sviluppo e di coesione sociale aiutando la crescita di altri centri propulsivi dello sviluppo europeo. Sono indispensabili meccanismi di controllo del Parlamento europeo rispetto alle funzioni di controllo politico e di direzione strategica delle operazioni di gestione delle crisi internazionali.
Abbiamo apprezzato la scelta del presidente Pera di dare un significato alto a questa deliberazione, così come apprezziamo il costante monitoraggio dei lavori della Convenzione attraverso un forte coinvolgimento del Parlamento nazionale come non v’è stato nell’elaborazione del Trattato di Nizza, su cui si è registrata sostanziale estraneità. Attraverso il dibattito sulla Costituzione, i cittadini europei potranno interessarsi all’Europa e parteciparvi. Abbiamo il dovere di formare un’opinione pubblica europea.
Non possiamo non ricordare che i problemi sono esplosi con la redazione della Carta dei diritti fondamentali nella definizione del patrimonio dell’Unione. Manca un approfondimento della comunanza europea fondata sulle sue radici culturali che sono comuni. Mentre siamo impegnati a rafforzare l’entità di carattere statuale senza rafforzare l’identità culturale comune, si rischia di realizzare un meccanismo politico-amministrativo “senza anima”.
Gli Stati nazionali sono nati sul concetto di nazione, una comunanza culturale e linguistica, legittimando la coesione e l’appartenenza allo Stato. Il dibattito si è ridotto, limitato alle tutele dei diritti umani; è una scelta positiva ma parziale, perché appartiene all’organizzazione internazionale, alle Nazioni Unite, e quindi è di per sé insufficiente per caratterizzare l’identità europea.
Quello che vogliamo è un’Europa dei valori, con una precisa identità culturale in cui confluiscano le culture nazionali dei nostri popoli, di popoli in cammino, che pongono la persona umana e la sua dignità al centro della costruzione sociale verso cui orientare l’azione politica.
Apprezziamo, per esempio, l’iniziativa dei Presidenti delle Camere, nel dibattito che si terrà a Venezia nei prossimi giorni, di ascoltare anche i rappresentanti delle fedi religiose, alimentando un dibattito sui princìpi etici e politici che debbono orientare l’avvenire dell’Unione e non marginalizzando la religione, che è la parte decisiva della vita degli uomini.
Onorevole Presidente, onorevoli senatori, la drammatica crisi in Medio Oriente, dove sembra in atto uno scontro di civiltà, dimostra che è indispensabile che l’Europa si rafforzi come unità politica. L’Europa può portare la sua cultura, la sua ricchezza fondata sulle diversità, soprattutto nel processo di ampliamento ad Est e ai popoli del Mediterraneo, da Malta a Cipro, un allargamento attraverso il principio di flessibilità, costruito sulla pace e sull’allargamento del benessere.
Allargamento con gradualità, perché i parametri di convergenza dei Paesi fondatori vanno riprodotti anche per le nuove adesioni, sia pure in misura più diversa, più equilibrata, con attenzione al sistema economico e di produttività delle imprese, piuttosto che alla contabilità finanziaria.
A Nizza non hanno prevalso gli egoismi e gli interessi particolari, perché l’idea di Europa è più forte di qualsiasi condizionamento. Il difficile momento storico impone ai sostenitori dell’unità europea di far sentire la propria voce, contro ogni interpretazione riduttiva del progetto europeo, per affermare il ruolo dell’Europa nel mondo. Altrimenti volteremmo le spalle ai doveri che abbiamo verso i nostri popoli e alle future generazioni.
Non senza riflettere sul modo stesso di approvazione dei Trattati, rendendoli adeguati ai cambiamenti istituzionali (bene ha fatto ancora il presidente Pera a sottolineare la necessità di un passaggio parlamentare per la Convenzione europea, evitando appunto il pericolo che sui referendum si scarichino tensioni interne come quelle francesi, di cui non sottovalutiamo gli effetti), va però approfondito il rafforzamento delle istituzioni, identificando obiettivi e responsabilità; oggi più di ieri abbiamo bisogno dell’Europa. Il dramma delle Torri gemelle, la minaccia del terrorismo internazionale ci tolgono ogni illusione.
Vogliamo una forte federazione di Stati nazione, come ha detto il presidente Ciampi, e non vogliamo che i popoli rinuncino alla loro sovranità, ma piuttosto creino le condizioni per meglio esercitarla.
La democraticità deve affermarsi insieme ad una forte coscienza politica.
Una politica economica, una politica estera e militare esigono un Governo democratico europeo. Forse è venuto il momento di sacrificare – com’è stato efficacemente ricordato – al concetto di Europa sopranazionale una mollica del proprio pane.
L’obiettivo dev’essere quello di mettere in risalto lo specifico dell’Europa, che sta nelle straordinarie diversità e variabilità delle sue geometrie culturali.
Con questo Trattato l’Europa si dà orizzonti più ampi. Ad essi guardiamo con la consapevolezza che l’Europa si fa con il consenso dei cittadini e degli Stati e non solo con il consenso delle diplomazie.
(Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE e FI).