(Il Tempo) Banche Popolari, Eufemi: “La rifoma non sia a vantaggo dei soliti noti”
Il senatore dell’Udc è preoccupato per le possibili interferenze dei poteri forti. Stop alle fusioni trasformanti
«RESPINGIAMO ogni tentativo palese ed occulto di utilizzare una riforma per determinare vantaggi per qualcuno, anzi per i soliti noti». Non usa mezzi termini, parlandone all’agenzia Velino, il senatore dell’Udc Maurizio Eufemi. «La riforma deve guardare unicamente alla modernizzazione del sistema senza pericolosi stravolgimenti. Esprimiamo forti preoccupazioni di fronte al tentativo di oligarchie politico-finanziarie che puntano a rafforzare le proprie posizioni attraverso patti scellerati mascherati da fusioni trasformanti. Vogliamo difendere un modello, quello delle banche popolari, che ha saputo stare sul mercato senza regali. Non accetteremo rivoluzioni palingenetiche. Noi siamo pronti a dar battaglia, perchè così com’è stata concepita questa riforma delle popolari non può di certo passare».
viene chiamata tutta una serie di questioni che «snaturerebbe completamente le banche popolari rendendole facili prede dei grandi istituti di credito». Si tratta di «nodi». vecchi, ma anche di alcuni nuovi elementi comparsi nelle linee guida del documento illustrato agli addetti ai lavori mercoledì scorso.
A far discutere è, per esempio, l’innalzamento del limite alla partecipazione del capitale (ora allo 0,5 per cento) e la possibilità per gli investitori istituzionali (come Oicr e Fondi pensione) di avere quote ancora più ampie e di entrare nella governance nominando amministratori propri.
Ma una delle novità che solleva interrogativi è il meccanismo delle cosiddette «fusioni trasformanti», ovvero, stando alle anticipazioni non smentite, l’obiettivo di «semplificare il quadro normativo per la realizzazione delle operazioni di trasformazione delle banche popolari in società per azioni e la partecipazione delle stesse a fusioni trasformanti» (nel caso in cui le due entità si fondano, il nuovo soggetto sarebbe una Spa).
Si tratta di un’ipotesi cui Eufemi, assieme ad altri senatori della commissione Finanze, guarda con un certo sospetto: «Ho chiesto a Benvenuto se fossero previste anche incentivazioni fiscali per operazioni così discutibili – spiega al Velino – ma non mi è stata data risposta». L’incognita pesante, in effetti, è sulle conseguenze che una riforma di tale portata avrebbe sugli attuali assetti bancari. «In questo modo – conclude Eufemi – invece di lasciare al libero mercato il cosiddetto risiko bancario, lo si forza con un intervento del legislatore. Che fa dei regali a qualcuno, ma penalizza chi sul mercato c’è da oltre un secolo e c’è rimasto, bene e senza regali».