Legge di stabilità

Legge di stabilità

Le negative e preoccupate valutazioni, da parte di esponenti politici di destra come di sinistra, sulla iniquità della legge di stabilità appaiono tardive, quasi fuori dal tempo.

Dietro le apparenze si maschera una manovra correttiva apparentemente indolore perché posticipata attraverso l’uso del sistema delle detrazioni fiscali.

Sorprendono le dichiarazioni di Berlusconi proiettate sul futuro, sulle prossime elezioni, dimenticando il presente, quello che è oggi lo stato delle cose, piuttosto che quello che sarà. Purtroppo quello che si sta per decidere avrà conseguenze sull’immediato futuro.

E la legge di stabilità è di oggi, così come la delega fiscale su cui il Governo ha posto quattro voti di fiducia, che accorpa le agenzie fiscali determinando una colossale concentrazione di potere nello Stato impositore, Stato accertatore, Stato valutatore, Stato riscossore, Stato sanzionatore è di oggi. Eppure Berlusconi non riesce a scorgerne i tragici effetti negativi che sono proprio quelli prospetticamente indicati nel messaggio ai promotori del convegno di Saint Vincent. Gli italiani non vivono di messaggi, ma di leggi con il relativo impatto nella vita di tutti i giorni fatto di scadenze fiscali, di pagamenti, di cartelle Equitalia.

Dunque ora non bastano più le declamazioni ideologiche che in passato potevano scaldare i cuori e gli animi; oggi occorre agire concretamente in Parlamento. Se il PD, oggi, manifesta contrarietà alle misure che riguardano la scuola e perfino l’UDC, il più strenuo guardiano del governo tecnico, avanza critiche sostenendo che la legge di stabilità uscirà dal Parlamento diversa da come entrerà vuol dire che qualcosa nell’impianto della decisione di finanza pubblica non convince fino a incrinare il rapporto tra il governo dei tecnocrati e le forze politiche che lo sostengono. Si sta finalmente guardando “dentro” una impostazione con misure che colpiscono le famiglie contribuenti. Nessuna lotta agli sprechi, nessuna lotta all’evasione, nessuna dismissione patrimoniale. Solo torchiatura di contribuenti onesti che con un colpo di machete si vedono tagliare le detrazioni fiscali programmate.

Se non si comprende, poi, che questo governo eserciterà quelle deleghe prima della conclusione della legislatura significa che quelle preoccupazioni saranno vanificate dalla delega politica sottostante al Governo Monti, senza alcuno controllo e senza alcuna possibilità di incidenza e di correzione.

Se quello che resta della PDL, se quella maggioranza numerica e non virtuale, ancora presente in Parlamento, non riuscirà a far sentire la propria voce soprattutto in Senato, ripristinando per esempio le chiare indicazioni espresse dalla commissione Finanze della Camera , in materia di separazione di competenze delle Agenzie fiscali, che vuol dire separazione di poteri, prima della definitiva approvazione della legge delega fiscale e se quello che resta della PDL non riuscirà a correggere significativamente aspetti rilevanti come quelli in materia di detrazioni fiscali che colpiscono il rapporto fiduciario cittadino- Stato vuol dire che ci si limita alle declamazioni. Significa resa politica. Significa avere perso la battaglia politica prima ancora di andare alle urne.

Gli elettori della PDL non hanno dato i loro voti nel 2008 per farsi governare da Grilli o da Befera.

Il governo con la annunciata legge di stabilità ha abusato della fiducia politica, con interventi che hanno superato l’orizzonte della scadenza elettorale politica minando l’equilibrio finanziario delle famiglie.

Roma, 12 ottobre 2012

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