Convegno su “Legge elettorale e democrazia”
all’Associazione degli ex parlamentari
(ASCA) – Roma, 29 feb – Proporzionale o maggioritario? Preferenze o liste bloccate? E, sopratutto, collegi uninominali e cicoscrizioni di quale dimensione? Premio di maggioranza o sbarramento? Tutti aspetti tecnici di una legge elettorale prossima ventura ma che oltre ad influenzare la dimensione politica mettono in gioco la qualita’ futura della nostra democrazia. E del rapporto ‘Legge elettorale e democrazia’ se ne e’ parlato in un convegno organizzato dall’Associazione degli ex parlamentari a cui hanno preso parte, tra gli altri, due capiscuola del livello di Giovanni Sartori e di Roberto D’Alimonte che hanno messo a fuoco lo stato dell’opera dell’uscita dal ‘Porcellum’. Ed e’ la direzione dell’uscita, il suo approdo finale, che ancora non si comprende, a mettere in agitazione il quadro politico: non tanto in termini di progettualita’ del Paese nei suoi aspetti di governo, di economia e di societa’ quanto, piu’ prosaicamente, in termini di potere. Va subito detto che la generalita’ degli interventi ha evidenziato una convergenza -di principio- verso il sistema proporzionale, declinato nella versione del sistema tedesco. A turbare la tranquilla scelta neoproporzionale, pur con valutazioni e indicazioni diverse sono stati i professori Sartori e D’Alimonte. Il primo ha posto la platea di fronte ad un bivio: si vuole scegliere la (‘stramberia’) di un federalismo che nasce ex post? Se e’ cosi’ -dice Sartori -, se vogliamo una seconda camera federale, se vogliamo accontentare Bossi, la scelta va al modello tedesco ‘anche senza la sua flessibilita” nel numero dei parlamentari per rispettare la proporzionalita’ dei voti: ‘il sacrificio sarebbe poco male’. ‘Se pero’ cade il federalismo, io -ha aggiunto Sartori, indicando la seconda strada da lui preferita- io ho sempre difeso il sistema francese a doppio turno (di collegio). L’unico sistema che consente una vera scelta da parte del cittadino, se vuole’. Sartori ha quindi ricordato di avere proposto, gia’ ai tempi della Bicamerale, un sistema francese che faccia passare al secondo turno 4 o anche 5 candidati per non radicalizzare troppo il sistma. I primi 2 candidati non dovrebbero avere diritto a ritirarsi, al contrario degli altri due o tre che potrebbero desistere e accedere ad una riserva di seggi del 15 per cento. Il pregio di questo sitema per Sartori e’ che non lascia vuoti di potere: se la maggioranza e’ coerente con la presidenza della Repubblica si avrebbe un sistema piu’ presidenziale, se invece non c’e’ corrispondenza il motore di governo diventerebbe il premier. Sartori nella sua esposizione ha elencato alcune ‘strmberie’. Anzitutto la richiesta di diminuire il numero dei parlamentari che avrebbe come conseguenza l’ingrandimento delle circoscrizioni elettorali, proprio l’opposto che tutti dicono di volere. La proposta piu’ ‘stramba’ e’ stata indicata nel bicameralismo ‘con due camere uguali’ ma con numero di parlamentari diversi, che e’ una prerogativa solo italiana. Tutto si risolverebbe nel caso del federalismo e nella trasformazione del Senato in camera federale delle regioni, sul modello del Bundestag. ‘Ma l’ultima proposta -ha rivelato Sartori– e’ quella di mantenere le due camere uguali e la cosa mi fa ridere perche’ sono due camere pressoche’ disoccupate entrambe, visto che il lavoro piu’ importante si svolge ormai nelle commissioni’. In proposito Sartori ha chiesto come si intenda comporre le commissioni se si diminuera’ drasticamente il numero dei parlamentari. Altra stramberia, Sartori l’ha indicata in quella che ha definito ‘la fissazione del professore Ceccanti (costituzionalista e senatore del Pd, n.d.r.) che, solo lui ormai, propone il sistema spagnolo imperniato su circoscrizioni piccole che portano ad uno sbarramento intorno al 10 per cento’. Stramberia per Sartori anche la ‘strana ossessione’ di salvare il bipolarismo. Rivendicando di essere ‘l’autore, l’inventore del concetto’ per distinguere dal bipartitismo il confronto di coalizioni, il professore ha sostenuto che ‘salvare il bipolarismo e’ una balla, perche’ esiste in natura, nelle cose, tranne che in situazioni di troppa frammentazione dei partiti’. Un vero e proprio amaro calice e’ stato quello del professore Roberto D’Alimonte che di fronte alla platea di ex parlamentari, nella stragrande maggioranza filoproporzionalisti, ha esordito con un ‘vi diro’ cose che non gradirete’. La prima e’ stata la sua ‘preferenza personale’. Credo, ha detto, che ‘il sistema elettorale migliore per il nostro Paese sia il doppio turno fondato su un sistema di collegi uninominali veri’. E D’Alimonte ha ricordato che per due volte ‘siamo stati vicini’ a questo sistema: nel 1993 quando pero’ la Dc a seguito delle amministrative, si convinse di non poter vincere con il doppio turno. Il secondo caso fu nel 1996 con il ‘tentativo di Maccanico’ saltato ‘per responsabilita’ di Fini che pensava di diventare lui il leader della destra e chiese le elezioni subito’. Riferendosi alle trattative in corso in questi giorni, D’Alimonte ha affermato che ‘in questa fase i collegi uninominali sono morti e sepolti. Per resuscitarli ci vorrebbe un miracolo piu’ complesso della resurrezione di Lazzaro. La Destra sa di perdere e si opporra’. D’Alimonte e’ quindi passato ad indicare quelle che ha definito ‘le cose piu’ spiacevoli’. ‘Io -ha detto- il Porcellum non lo considero una porcata’. E perche’ il porcellum non piace? Perche’, ha spiegato, ‘spinge la classe politica alla responsabilita’, ad alleanze che che si devono dichiare prima e questo i partiti in genere non lo vogliono fare. Vogliono scegliere dopo. Questo e’ il vero punto dirimente’. Certo il Porcellum ha ‘gravi difetti’ a partire dalla ‘lotteria del Senato’ ma ‘e’ falso che abbia introdotto la frammentazione’ perche’ la causa va ricercata nella ‘destrutturazione del sistema dei partiti’. E D’Alimonte ha citato come prova le elezioni del 2006 e del 2008: la prima ha registrato una grande frammentazione, ma la seconda un sistema di partiti paragonalbile alla Germania o all’Inghilterra. Sul concetto di ‘ammucchiata’ il professore ha invitato ha considerare come nel 2008 sia stata minore di quelle del 2006. Quanto alla ‘disproporzionalita”, ovvero alla differenza tra maggioranza e votanti, ha ricordato il dato dell’Italia dell’8,4% che e’ la meta’ della media europea. E quanto al rischio di una maggioranza assegnata solo col 30% dei voti, ha sostenuto che e’ sufficiente ‘mettere una soglia’. Sulle liste bloccate, D’Alimonte ha sostenuto che ‘potrebbero essere uno strumento di riforma dei partiti’ ricordando poi che in Europa i sistemi prevedono o collegi uninominali o liste bloccate. Da noi ‘basterebbero i collegi uninominali delle provinciali’. Quanto alle preferenze, si e’ limitato a indicare che in Lombardia sono state usate dal 27% dei votanti mentre in Calabria dal 95%!’. Quale sistema elettorale adottare, allora? Per D’alimonte ‘c’e’ una buona probablitia’ che resti quello attuale. Non sono ottimista. Credo pero’ che sarebbe prudente puntare ad un sistema che punti ad un multipartitismo che si articola intorno a due grandi partiti’. Considerando il rischio di frammentazione che porta all’ingovernabilita’ e che ‘non esistono piu’ le linee di frattura che giustificano il proporzionale come in passato’, che la ‘prudenza consiglia di favorire un sistema articolato su due partiti maggiori’ che e’ possibile ‘cercare un sistema proporzionale disproporzionale’, D’Alimonte ha proposto l’adozione del ‘modello spagnolo, agendo sulla dimensione delle circoscrizioni’ per arrivare ad un sistema con ‘due partiti maggiori intorno ai quali sia possibile creare coalizioni virtuose’. D’Alimonte ha quindi bocciato il modello tedesco: ‘dissento da chi pensa che sia piu’ adatto al nostro Paese. In realta’ si andrebbe ad un ‘simil tedesco” e questo perche’ ‘le condizioni minime perche’ funzioni e’ che ci siano due partiti grandi e poi una classe politica come quella tedesca che e’ con piu’ autocontrollo della nostra’. E qui D’Alimonte ha rivelato una delle fonti del suo pessimismo: ‘Tutti si sono pronunciati a favore del tedesco, anche nel Pd tranne Ceccanti, Vassallo e Veltroni, e ora tocca a Berlusconi parlare. Lui aspetta le amministrative. Oggi Berlusconi e’ politicamente solo, ha perso Casini, poi Fini e ora Bossi: e’ solo e ha quindi bisogno del proporzionale. Mi aspetto ‘qualcosa’ da un momento all’altro’. ‘Ma attenti: volendo andare a Berlino -ha concluso D’Alimonte– potremmo finire a Weimar’. Nel dibattito, sono intervenuti numerosi ex parlamentari, primo fra tutti il presidente dell’Associazione Gerardo Bianco, seguito da Andrea Manzella, Giovanni Galloni, Michele Saponara, Mauro Ferri, Gianni Ferrara, Guido Bodrato, Valerio Zanone. Messaggi di adesione e di incoraggiamento all’iniziativa del convegno sono pervenuti dai presidenti delle camere, Renato Schifani e Gianfranco Fini. |