La legge finanziaria tra vecchie regole e ideologia dell’opposizionismo

La legge finanziaria tra vecchie regole e ideologia dell’opposizionismo

Doveva essere l’ultima Finanziaria con le vecchie regole, quelle del 1978, poi modificate con la 362 del 1988. Le tre opposizioni (PD, Italia dei Valori e UDC) hanno abbandonato i lavori della Commissione Bilancio con un gesto teatrale teso a richiamare la attenzione dei media, più di quanto non produca la presenza sui banchi della Commissione. La decisione appare contraddittoria rispetto al clima di sostanziale condivisione registrato nella riforma delle norme di contabilità ormai in dirittura di arrivo. Sorprende che anche l’UDC che ha sempre rivendicato una posizione moderata, attenta ai valori del parlamentarismo, abbia seguito l’oltranzismo dipietrista e quello del PD del nuovo corso del duo Bersani-Bindi finendo per convergere nella esaltazione della ideologia dell’opposizionismo. Il clima antiberlusconiano che era salito dalla piazza viola ha finito per contagiare anche l’UDC portandolo a assumere comportamenti parlamentari poco consoni alla sua storia e sempre rifiutati. Di fronte ad una massa emendativa considerevole che per l’ordine naturale delle cose, avrebbe determinato una naturale stanchezza e disattenzione nel votificio di Montecitorio con inevitabili incidenti che sarebbero stati strumentalizzati e amplificati, è stata attuata la strategia più idonea. E’ stato evitato il logoramento dell’Aula con il maxiemendamento riassuntivo delle posizioni della maggioranza e conseguente ricorso al voto di fiducia. E’ stata una scelta saggia e di buon senso. Si voti la fiducia sulla proposta del governo che si assumere la responsabilità sulla decisione di Bilancio e si vada avanti; si eviti una logorante contrapposizione; le tre opposizioni hanno avuto il modo di ricompattarsi nel segno dell’antiberlusconismo, ma l’ideologia dell’opposizionismo è una strategia di corto respiro, perché rende le posizioni indistinte e soprattutto quella dell’UDC asfittica, perchè schiacciata tra il nuovo corso di Bersani e il massimalismo di Di Pietro, spingendola su un terreno paludoso e privo di prospettive, mentre all’orizzonte la posizione di Rutelli con l’Alleanza per l’Italia appare meno radicale, meno identitaria, meno contraddittoria e dunque più dinamica e flessibile. Purtroppo oggi non servono né vecchie né nuove regole di finanza pubblica se in Parlamento non matura la consapevolezza che occorre innanzitutto superare la ideologia dell’opposizionismo per ricercare comportamenti più credibili, ai quali l’opinione pubblica guarda più di quanto non si credi.

Roma, 8 dicembre 2009

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