Tabacci delegittima la leadership di Casini

Tabacci delegittima la leadership di Casini

Nella improvvisa rottura di Tabacci verso Casini c’è innanzitutto una delegittimazione politica esplosa dopo l’incontro tra Casini e il Presidente del Consiglio. 

E’ sorpendente che due personaggi politici come Tabacci e Casini che in ogni occasione si professano difensori delle regole politiche e parlamentari non le abbiano messe in pratica. Richiamare la tradizione democristiana per Tabacci avrebbe dovuto significare la richiesta con la forza che gli è propria di una riunione urgente di Direzione, di Consiglio Nazionale, o del Gruppo visto che Casini ne è Presidente, per rappresentare nella sede di partito o di Gruppo il suo disagio e verificare se il suo stato d’animo era condiviso, oltre che per chiarire la linea politica sempre più confusa dell’UDC. Casini da parte sua con l’incontro a due con Berlusconi ha dimostrato scarso rispetto per le regole che prevedono un ruolo di rappresentanza non subalterno del segretario politico, Cesa, sia nella forma che nella sostanza o in via alternativa della intera delegazione UDC. Non basta chiedere come sede dell’incontro Palazzo Chigi piuttosto che Via del Plebiscito per mascherare una leadership assolutistica che si contrasta a parole guardando in casa d’altri senza osservare in casa propria. Tabacci rivendica un ruolo di propulsione politica che Casini non gli consente di avere. Di qui la rottura. Vede una linea politica delll’UDC altalenante, contraddittoria ed confusa sia nelle alleanze politiche in Veneto e Lombardia sia rispetto a blocchi di potere cristallizzati e dunque troppo condizionata rispetto all’appuntamento elettorale regionale. Quando parla di “alleanza dinamica e aperta al dialogo” guarda chiaramente ad una alleanza con il PD. Con la scelta in favore di Rutelli prende atto della impossibilità di condizionare il potere assoluto di Casini, superando ogni cautela e crea le condizioni per porsi al tavolo delle trattative future con quella forza che oggi non ha. Tabacci non vuole essere annesso alla corte di Casini; non vuole che la iniziativa di Rutelli subisca la fine del CDU di Buttiglione che è stato prima abbindolato e poi lentamente risucchiato nell’ex CCD e poi progressivamente marginalizzato. Tabacci ha bene compreso che soltanto con una posizione complessivamente forte sia sul piano politico che parlamentare potrà affermare una leadership culturale e politica che allo stato, non solo non gli viene riconosciuta, ma fatica a essere metabilizzata dal corpo dell’UDC stretto nei tatticismi di Casini, e dunque privo di orizzonti strategici. 

Molto meglio per lui un movimento, snello e dinamico con maggiore forza comunicativa come dimostrano le attenzioni ricevute dai media, aprendo tra Rutelli e l’UDC una competizione aspra sul terreno della rappresentanza dei valori cattolici. Per Casini, dopo l’ammutinamento di Tabacci c’è il rischio serio che perda rapidamente i voti conquistati dalla ex Margherita e che Rutelli riprenda dal frigorifero ciò che era stato temporaneamente conservato dall’UDC.

Roma, 10 novembre 2009

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