Gli Stati Generali dell’UDC ed il grande inganno

Gli Stati Generali dell’UDC ed il grande inganno

Si sono svolti a Chianciano gli Stati Generali dell’UDC che hanno avuto l’effetto mediatico e propagandistico della presenza del Presidente della Camera Gianfranco Fini e di Francesco Rutelli. L’UDC si è richiamata impropriamente agli ‘Etats Generaux’ francesi, con il sovrano che decide la consultazione del partito. In questo caso non per limitare il suo potere ma per il suo rafforzamento attraverso un illusorio allargamento; ma verso chi e verso dove?. La presenza di Fini è stata una presenza puramente istituzionale. La sua visione laica della società è lontanissima da quella di chi vorrebbe farsi interprete del pensiero più autentico della Chiesa. Anche Violante da Presidente della Camera partecipò alla conferenza programmatica dell’CDU ad Abano Terme nel 1999. Rutelli ha poi smentito rigorosamente l’uscita dal PD.

Gli Stati generali richiamano la rivoluzione francese, ma non vediamo all’orizzonte l’innesco di un processo rivoluzionario. Non siamo nel 1789 come pensa qualche mente fertile e riciclata con retaggi trozkisti.

Di fatto Casini dimostra la sua estrema debolezza e cerca di guadagnare tempo. Lo fa spostando il momento della verità che è poi quello della decisione dell’alleanza politica a dopo le regionali del 2010. Intanto si tiene furbescamente la mani libere e le porte aperte per le prossime regionali preferendo l’alleanza con il PDL nel Veneto e Lombardia e di altro genere nelle regioni più incerte come Lazio Puglia, Campania. Andrebbero bene interpretate le parole del Governatore Galan così persuasive nei confronti dell’UDC che non possono avere solo il significato di arma difensiva per arginare le insofferenze e le richieste pressanti della Lega. C’è qualcosa di più forte in quel legame che va oltre un progetto politico. In un sistema bipolare e per il vigente sistema elettorale regionale (tatarellum), maggioritario a turno unico, sarà difficile per l’UDC che prevalga la sbandierata scelta di andare al voto da solo. Significherebbe restare fuori dai giochi e dalle poltrone. E’ un rischio che Casini non si può permettere.

Nel feroce contrasto alla Lega ha anche ipotizzato un ribaltone attraverso una facile operazione di Palazzo. Non siamo nel 1998. L’operazione D’Alema non è replicabile. Non vediamo all’opera un grande regista di quella operazione come lo fu Francesco Cossiga che seppe trovare validi e nobili argomenti di politica internazionale, che portarono poi all’intervento nei Balcani, e di politica monetaria per superare le difficoltà nel passaggio verso l’Euro. Per Casini significherebbe percorrere il criticato tragitto di Mastella con 12 anni di ritardo. Non si profila dunque né un governo Fini, né Casini all’orizzonte. Di fronte ad una rottura traumatica della maggioranza resterebbero soltanto le elezioni anticipate.

E sulla questione morale è bene che Casini comprenda che è si di rilievo nazionale, ma che riguarda tutte le forze politiche, compresa la sua. Soltanto i congressi nei partiti che si professano democratici possono decidere la linea politica e le alleanze. Perché non svolge per l’UDC un vero, inedito e autenticamente democratico congresso prima delle regionali? Perché non fa chiarezza della sua posizione?

Ecco perché gli stati generali dell’UDC, senza risposte a questi interrogativi rappresentano un grande inganno verso la opinione pubblica.

Roma, 15 settembre 2009

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