Tremonti superi le resistenze dei banchieri

Tremonti superi le resistenze dei banchieri


Siamo in attesa di conoscere le decisioni finali del vertice europeo di Pittsburgh di fine settembre sui compensi dei banchieri dopo che il G20 di Londra ha registrato una battuta d’arresto sulla ipotesi di fissare un limite. 

Non resta che sperare in un sussulto dei governanti nel collegare i bonus esclusivamente a risultati di medio-lungo periodo. Se dovessero prevalere le resistenze anglosassoni sarebbe non solo una grave sconfitta, ma non avere capito la lezione della crisi. Il Ministro dell’Economia non abbia remore, poi, nell’applicare sollecitamente in sede domestica un regime fiscale meno favorevole dell’attuale. Darà coerentemente seguito ad una visione dell’economia coerente con scelte sensibili alla economia sociale di mercato. 

Nel frattempo registriamo che si è inasprita la polemica sui Tremonti bonds. Aumentano le resistenze dei banchieri al loro utilizzo. Aumenta il costo dei finanziamenti alle imprese in virtù di un inammissibile ingiustificato ed eccessivo spread tra costo della raccolta e gli impieghi, perfino nelle situazioni facili dove non v’è rischio di credito. Non va dimenticato che è solo l’immissione di ingente liquidità nel sistema finanziario che ha permesso di annullare il costo della raccolta non certo la riduzione dei costi operativi. I banchieri in una fase di difficoltà dell’economia hanno scelto la via facile dei maggiori costi per la clientela piuttosto che quella di misurarsi con situazioni che richiedono atteggiamenti diversi e responsabili. Sorprendono le affermazioni di chi afferma che “i Tremonti bonds fanno bene a chi ne ha bisogno e soltanto le banche sanno se ne hanno bisogno”. Se le cose stanno così c’è necessità di guardare attentamente “dentro” i bilanci delle banche per capire le ragioni di tanta cautela che si traduce in una penalizzazione del sistema delle piccole e medie imprese e in maggiori costi operativi per le stesse. E questo è un compito della Autorità di vigilanza che deve far valere il principio supremo della stabilità del sistema, soprattutto se la moral suasion del Governatore Mario Draghi nell’indicare come priorità assoluta per le banche il rafforzamento patrimoniale piuttosto che l’erogazione di generosi dividendi agli azionisti e altrettanto generosi bonus ai manager viene inascoltata. Il pericolo è che gli interessi convergenti tra nuclei di controllo della foresta partecipata del sistema bancario e la casta dei manager bancari prevalgano rispetto agli interessi supremi del Paese.

L’opinione pubblica è disorientata nel vedere la straordinaria velocità e disponibilità con la quale le grandi banche intervengono su tante operazioni, frutto di operazioni speculative e che suscitano sconcerto, rispetto alla resistenza e alla cautela che accompagna l’uso dei Tremonti Bonds che nella loro finalità dovevano rappresentare un canale aggiuntivo nella erogazione del credito a particolari settori dell’economia. I banchieri si stanno comportando come quei piloti che dispongono di vetture con servosterzo e quattro ruote motrici e non li utilizzano, preferendo una guida al rallentatore, senza prendere rischi.

Sono state rivolte critiche al Ministro dell’Economia per avere guardato innanzitutto alle società bancarie quotate. Non le condividiamo. La risposta è molto semplice . Si è guardato alle quotate perché c’era un risparmio da difendere e situazioni potenzialmente più rischiose da disinnescare.

Non è tollerabile che in un tempo di crisi profonda in termini di Pil e di occupazione prevalga una logica difensiva che punti solo a far passare la nottata mentre il Paese affonda.

Non è allora solo un problema di modello comportamentale di quanti hanno guardato al gigantismo e alle economia di scala quanto di uomini nuovi capaci di affrontare e accompagnare i tempi difficili della congiuntura economica ridando slancio ai settori propulsivi dell’economia, ai settori produttivi più dinamici e al territorio senza aspettare che “passi la nottata”.

Il problema è passare dalla filosofia dei derivati e di strumenti finanziari sofisticati alla concretezza dei bisogni delle pmi, con la riscoperta del fido, con la valutazione delle persone addette all’istruttoria e dunque non servirsi solo dei calcolatori elettronici ma privilegiando la saggezza dell’uomo.

Roma, 8 settembre 2009

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