Tra Tremonti e Draghi posizioni distanti
La diversità di vedute tra il Ministro dell’Economia e il Governatore della Banca d’Italia è esplosa ancora una volta in modo radicale e non non giova al bene del Paese. Se Tremonti, dopo il conflitto con Fazio, ne apre un altro con Draghi il problema diventa serio. Nella audizione alla Camera il Governatore non si è sottratto ad una impietosa radiografia della crisi nella sua durezza e complessità. Ha confermato una crescita delle sofferenze bancarie, una forte riduzione nella erogazioni dei mutui casa, una minore crescita del credito alle PMI e la dinamica di altri indicatori negativi a conferma che la crisi si sta scaricando sul tessuto produttivo, la spina dorsale del Paese. Va apprezzata la ferma posizione del Governatore a difesa della autonomia della Banca di Italia rispetto a quella misura demagogica e oltraggiosa che affida ai prefetti un ruolo improprio nel controllo del credito. E’ come mettere un controllo al controllore!. Il merito del credito è una valutazione di impresa, non amministrativa. E’ soprattutto una violazione della autonomia dell’organo di vigilanza con una ingerenza del governo attraverso le prefetture, espressione massima del centralismo napoleonico, trasformate in “sportelli sociali”. Il governo ha altri strumenti – se li desidera – per verificare che i Tremonti Bond raggiungano l’obiettivo di salvaguardare gli interessi pubblici e le finalità sociali. Le banche non tarderanno infatti a sollecitare chiedere misure fiscali di favore sui costi deducibili e la politica fiscale è nelle piene mani del Ministro della Economia e delle Finanze.
Non si è invece riscontrata divergenza sulla opportunità di allargare la vigilanza europea per le operazioni transfrontaliere dell’industria bancaria. Ciò impone una urgente revisione dell’ambiente giuridico di cui godono i paradisi fiscali a cominciare da quelli europei. Peccato che allorquando la questione fu posta durante la indagine conoscitiva del 2004 il Ministro della Economia ne sottovalutò la importanza. Non ci fu indignazione verso l’odioso privilegio sui paradisi fiscali di cui disponevano alcuni stati membri auspicandone ironicamente la disponibilità di territori per il nostro Paese piuttosto che nuove ferree regole europee di controllo.
Roma, 17 marzo 2009