Intervento del sen. Eufemi sul DPEF relativo alla manovra di finanza pubblica 2008-2011
Onorevole Presidente,
Onorevole Sottosegretario,
Questo DPEF sottende ad una impostazione strategica quasi da “fine legislatura”, in quanto appare di breve respiro, direi rinunciatario.
Non a caso è stato oggetto di dure reprimende da parte di organismi internazionali (UE, FMI e BCE) e giudizi negativi da parte di istituzioni pubbliche come l’ISAE, la Banca d’Italia e la Corte dei Conti.
La presunta crisi dei conti del 2006 è servita solo a realizzare la manovra 2007 sbagliata nei tempi e nei modi, per costruire quel fondo utile per il cosiddetto risarcimento sociale che avete propugnato.
C’è una contraddizione evidente tra i richiami del ministro Padoa Schioppa alla crisi della finanza pubblica, paragonata a quella del ’92-’93, e le scelte che vengono operate oggi.
C’è un parallelo evidente, invece, con l’errore compiuto nella fase ’83-’87, allorquando il ciclo economico favorevole, condizionato dall’eccessivamente oneroso rapporto lira-marco, determinò una crescita esponenziale del debito pubblico e non fu utilizzato a pieno per riforme strutturali, a parte la grande scelta sulla scala mobile e sulle indicizzazioni che hanno avuto benefici effetti sulla tenuta del sistema.
Per le differenze profonde e la conseguente difesa degli egoismi della coalizione, oggi voi state compiendo lo stesso errore di allora.
Viene pesantemente vulnerato il percorso di correzione dei conti pubblici, come ha rilevato anche il presidente Dini, attraverso questo inutile DPEF, e conseguentemente delle riforme strutturali poiché rivede l’obiettivo di indebitamento netto per il 2007 fissandolo al 2,5 per cento del Pil; ammesso e non concesso che sia realistico anche al netto delle operazioni di roll-over, ormai una costante delle decisioni di bilancio.
Contemporaneamente, il decreto-legge n. 81/2007 “affiancato” al DPEF, con una manovra di carattere espansivo, comporta un chiaro peggioramento del tendenziale e del deficit di 0,4 del Pil, azzerando i pochi risparmi prodotti dalla Finanziaria 2007
Non vi rendete conto che l’Italia viaggia come una vettura con il rimorchio e che occorre alleggerire il carico del debito pubblico, che impedisce una più forte velocità di crociera.
Nello scenario di ripresa economica in atto l’Italia si colloca su valori di crescita tendenziali decisamente più limitati, a conferma della strada ancora lunga da percorrere sulla via delle riforme di liberalizzazione dei mercati e di incentivazione della concorrenza.
Il livello raggiunto dalla pressione fiscale è altissimo: si cifra al 42,8 per cento per il 2007, prossimo al 43, per stabilizzarsi oltre il 42 per cento alla fine del quadriennio 2007-2011, determinando un livello insopportabile per la competitività delle imprese, per le famiglie e per i contribuenti. Evidentemente il Governo Prodi tiene moltissimo a questo ambito risultato.
Inoltre per i cittadini che pagano e seguitano a pagare le tasse si arriva ad una pressione fiscale che supera il 52 per cento.
È completamente assente nel dibattito la questione della pressione fiscale. La maggiore pressione identificata come strutturale sarà in un certo senso ipotecata per coprire interventi di aumento strutturale della spesa, in particolare di quella corrente.
Maggiori spese pesano sul fabbisogno, soprattutto per l’aumento degli interessi passivi. Il buon andamento delle entrate tributarie, infatti, non si è completamente tradotto in minore fabbisogno, ma ha compensato la crescita particolarmente dinamica delle spese che avevano appesantito il disavanzo.
Avete vinto le elezioni con una serie infinita di promesse, ora continuate a ingannare gli italiani con promesse di minori tasse, di minore pressione fiscale, che non c’è, che non ci sarà, perché alimentate soltanto nuova spesa improduttiva.
Comunque, dove nei Paesi più sviluppati si è ridotta l’evasione, lo si è fatto riducendo le aliquote e la base imponibile per rendere conveniente pagare le tasse.
Siamo preoccupati per la riforma del catasto perché colpirete pesantemente il bene casa. I contribuenti saranno nella impossibilità di impugnare le tariffe d’estimo e di verificare la loro congruità davanti al giudice terzo, affidando la decisione finale sulle rendite catastali ai comuni.
È come mettere una volpe in un pollaio.
Risultano assenti le quantificazioni per i prossimi rinnovi contrattuali. Non avete alcuna intenzione di ridurre la spesa improduttiva e gli sperperi; non affrontate la competitività del sistema Italia.
Risulta assente la “questione previdenziale”, sia rispetto alla finestra di opportunità, sia rispetto all’equilibrio previdenziale di lungo periodo (che tenga conto dell’andamento del tasso di natalità, delle aspettative di vita, del tasso di dipendenza degli anziani sopra i 65 anni, della crescita della spesa pubblica, del vincolo di bilancio) per i riflessi sulla finanza pubblica e sulla spesa sociale.
Non vengono fornite indicazioni, inoltre, né sulle eventuali risorse da destinare all’accordo sullo scalone, diventato scalino, né su quanto viene reperito nell’ambito del sistema previdenziale, né quanto recuperato nell’ambito delle “nuove iniziative”.
E l’accordo sugli scalini dimostra la fragilità dell’intesa, che non ha retto un giorno vista la pronuncia della CGIL, che non può che essere valutata negativamente e che comunque deve essere incorporata in questo DPEF.
Non può essere rimandato solo alla Finanziaria, con un Parlamento espropriato con il ricorso ai voti di fiducia da parte di chi vuole imporre al Parlamento quell’accordo che si scarica sulla Finanza pubblica perché aumentano i costi e vi sono rischi sulla copertura. Aumentate le aliquote contributive e sulla razionalizzazione degli enti previdenziali siete talmente incerti sul risultato che avete inserito la clausola di salvaguardia, prevedendo ulteriori inasprimenti.
Questo accordo è più vicino a quello del ’75 che non a quello di San Valentino. Epifani oggi si sta già sfilando e Carniti ebbe certo più coraggio di Bonanni.
Si seguita ad espropriare i lavoratori di diritti derivanti da norme come è avvenuto per il TFR, che è bene ribadire è salario differito.
Mancano indicazioni sulle determinanti del maggiore gettito realizzato nel 2006, che costituisce la base revisionale per il 2007 e gli anni successivi, nonché i risultati dell’attività di contrasto all’evasione, atteso che la Legge Finanziaria 2007 limita esclusivamente a tale componente la possibilità di utilizzo del maggiore gettito.
In ordine alle modalità applicative della nuova disciplina legislativa in materia di studi di settore rimane un’incertezza di fondo, un’ambiguità che va superata; appare necessario un chiarimento rispetto agli impegni assunti dal Governo, con miglioramenti determinati dalla nostra azione relativamente all’onere della prova, alla natura sperimentale degli indici di normalità e agli automatismi.
Avete realizzato una politica fiscale vessatoria dovuta alla impostazione assunta dagli studi di settore, passati da strumento di mera selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo a veri e propri metodi di determinazione presuntiva del reddito di tipo statalistico – peraltro senza tenere conto alcuno delle scritture contabili – in dispregio del principio costituzionale della capacità contributiva.
Va chiarito se tutto ciò sia suscettibile di influenzare il livello di gettito acquisibile rispetto a quello preventivato dal Governo.
In tema di politica fiscale, sono richiesti interventi incisivi volti a ridurre il carico fiscale dei lavoratori per i guadagni di produttività e per i premi aziendali, elevando il reddito effettivamente disponibile delle categorie produttive.
Per le imprese, ed in particolare per le piccole e medie imprese, sono necessarie misure volte ad alleviare il carico tributario che grava su questo importante comparto. Come è avvenuto in Germania e in Spagna e come è nel programma di Sarkozy.
Una seria politica di contrasto all’evasione fiscale è una ricerca degli evasori e non un sovraccarico sui contribuenti già noti e leali con il fisco.
Si rispetti lo statuto del contribuenti; si eviti l’introduzione di norme tributarie con effetto retroattivo, rafforzando l’autonomia del garante del contribuente e dotandolo di adeguate risorse umane e finanziarie.
Si proceda per una più forte semplificazione fiscale, riducendo gli adempimenti, evitando circolari chilometriche e soprattutto migliorando la efficienza della amministrazione Finanziaria, in particolare nei collegamenti telematici con gli intermediari fiscali, come dimostrato dalle inefficienze nella recente scadenza fiscale del 9 luglio 2007.
Rispettare la autonomia e la responsabilità del Corpo della Guardia di Finanza non deve essere una vuota enunciazione.
Operare una radicale correzione degli indirizzi di politica economica, finalizzandola al rinnovamento del Paese, nel senso di un deciso rafforzamento della sua posizione competitiva e della liberalizzazione di settori e comparti sinora caratterizzati da protezioni e limiti all’accesso di nuovi operatori.
È urgente adottare dispositivi di riordino della spesa pubblica in grado di operare il contenimento della componente corrente, mediante una efficace e costante azione di riduzione di quella improduttiva e degli sprechi, responsabilizzando i centri di spesa e completando il progetto SIOPE, superando le resistenze in atto.
Abbiamo ribadito la necessità di sostenere il federalismo fiscale con un percorso partecipato e graduale, basato su principi di autonomia, responsabilità e solidarietà fiscale degli enti territoriali, invertendo i criteri scelti dal Governo.
Affrontare il fenomeno della evasione fiscale in modo serio, concreto ed efficace, attraverso l’introduzione del principio del contrasto di interesse tra i vari soggetti di imposta, che non è “una balla colossale” come ha affermato il Vice Ministro Visco. Si richiede un forte impegno nell’area delle Dogane, nei punti critici, come a Napoli e a Genova, non dove non serve, per contrastare radicalmente la concorrenza sleale, la contraffazione, le importazioni clandestine, la tutela del Made in Italy, sia industriale che agricolo, e nella sicurezza alimentare.
Se è una “balla colossale”, allora tutte le iniziative volte a spiare situazioni economiche di cittadini e imprese sono una vera e propria violazione della nostra Costituzione e della normativa che ne è derivata.
Siamo già in uno Stato di Polizia.
Occorre stabilizzare alcuni regimi fiscali in agricoltura (Irap e imposte di registro e ipotecarie), nonché ad attuare misure fiscali già previste nella Finanziaria 2007.
Va recuperata la concertazione con i soggetti rappresentativi della categoria, con una precisa inversione di tendenza rispetto alla involuzione favorita da De Castro, per affermare la centralità dell’agricoltura italiana, del consumatore europeo, dei suoi interessi e della sue aspettative, attraverso la difesa del vero Made in Italy e dei marchi, a cominciare da vino, e della qualità del prodotto agricolo italiano.
Va compiuto ogni sforzo utile nella elaborazione di strumenti di agevolazione fiscale per le famiglie. La Conferenza di Firenze non deve rimanere un’inutile passerella: passare dalle parole ai fatti. In particolare, per quelle con molti componenti minori di età ed anziani, ivi compresa l’adozione graduale del cd. “quoziente familiare” ai fini di imposizione del reddito, in aggiunta ad ogni incentivazione (deducibilità delle spese sostenute, detrazioni etc.) per la formazione della famiglia e per la formazione e il mantenimento dei figli, sia sul piano delle spese per l’istruzione che per la cura della salute fisica e psichica nel senso di una sana crescita dei fanciulli.
Onorevole Presidente,
Onorevoli Senatori,
questo Governo, per le contraddizioni della sua maggioranza, è incapace di operare per il bene del Paese che ha bisogno soprattutto di ridurre la spesa pubblica riqualificandola, di rilanciare lo sviluppo attraverso vere, autentiche liberalizzazioni dei mercati e di incentivazione della concorrenza e di riformare i servizi pubblici locali e non di procedere con una riforma che va verso il ritorno alle municipalizzate.
La coalizione è paralizzata sulle scelte di investimento per le infrastrutture essenziali, per assicurare condizioni di competitività per il sistema paese.
Tutto ciò non trova spazio nell’agenda del Governo desumibile dalla proposta di DPEF. Di fronte a un quadro così confuso e contraddittorio che ci allontana dal percorso di rientro per i conti pubblici, anche con le ultime decisioni in materia pensionistica, si pongono a rischio le prospettive di crescita del Paese e l’azione di risanamento.
Di ciò portate gravi responsabilità.
Per queste ragioni il giudizio del Gruppo Udc su un DPEF rinunciatario è fortemente negativo.