Legislatura 15º – 6ª Commissione permanente FINANZE E TESORO (6ª) (32) EUFEMI. – Istituzione del quoziente familiare per la determinazione dell’imposta sul reddito e modificazioni alla disciplina delle detrazioni (Seguito dell’esame congiunto e rinvio)

Legislatura 15º – 6ª Commissione permanente FINANZE E TESORO (6ª) (32) EUFEMI. – Istituzione del quoziente familiare per la determinazione dell’imposta sul reddito e modificazioni alla disciplina delle detrazioni (Seguito dell’esame congiunto e rinvio)

Si riprende l’esame congiunto sospeso nella seduta del 26 ottobre 2006.

Il PRESIDENTE dichiara aperta la discussione generale.

Innanzitutto, il senatore EUFEMI (UDC) esprime apprezzamento per la relazione illustrativa svolta dal senatore Barbolini. A nome della propria parte politica, sottolinea il rilievo politico della discussione del trattamento fiscale dei redditi familiari, anche alla luce della riforma dell’IRPEF da ultimo varata con la legge finanziaria per il 2007, in merito alla quale formula un giudizio fortemente negativo, rilevando la necessità che il Governo, modificando gli indirizzi finora assunti, ponga tempestivamente mano ad una complessiva revisione delle politiche fiscali a sostegno della famiglia con un impianto ben più coraggioso delle misure parziali adottate.

Per quanto concerne il disegno di legge n. 32, a sua firma, ricorda come l’impianto da esso recato prenda le mosse dall’indagine conoscitiva sul trattamento fiscale del reddito familiare e sulle relative politiche di sostegno, svolta dalla Commissione Finanze e tesoro nella precedente legislatura. La necessità dell’intervento legislativo, egli prosegue, si correla al decremento del tasso di natalità registratosi in Italia nella seconda metà degli anni novanta: tale indicatore, infatti, è pari all’1,21 per cento, risultando notevolmente inferiore al cosiddetto “numero di rimpiazzo”, che assicura la stazionarietà della popolazione.

Per effetto della riduzione del tasso di natalità e dell’allungamento della vita media, si è innescato un processo di progressivo invecchiamento della popolazione, sbilanciando il rapporto tra quella anziana e quella in età lavorativa, che costituisce anche un freno alla domanda e alle dinamiche di sviluppo. Nella condivisibile prospettiva di promuovere la ripresa dell’andamento demografico mediante efficaci politiche di sostegno, il provvedimento in esame affronta in modo adeguato il problema, perseguendo da un lato, finalità di redistribuzione del reddito in favore delle famiglie con reddito più bassi, secondo la cosiddetta equità verticale tra individui con diversi livelli di reddito, e dall’altro, l’obiettivo della differenziazione del trattamento fiscale, a parità di reddito, per compensare le maggiori esigenze di spesa legate ai carichi familiari, in ossequio alla cosiddetta equità orizzontale.

L’oratore svolge poi alcune considerazioni critiche sulle scelte compiute con la legge finanziaria per il 2007: ritiene infatti che l’ampliamento della cosiddetta no tax area sortisca effetti ingiustificatamente premiali per le famiglie bireddito rispetto a quelle monoreddito, senza peraltro incrementare significativamente il reddito disponibile dei ceti meno abbienti, né risolvendo il problema dell’incapienza. Rimane ancora insoluta la questione di ridurre significativamente la soglia di povertà. Analoghe censure muove alla nuova curva dell’IRPEF, che giudica inefficace, dal momento che spiega effetti impercettibilmente redistributivi delle risorse. Commenta, altresì, criticamente la scelta di introdurre un sistema fondato sulle detrazioni fiscali e non sulle deduzioni, poiché esso ampliando la base imponibile rende ancora più incisivi gli incrementi delle addizionali attribuite a Regioni e comuni. Nell’ambito di un sistema impositivo imperniato sulla famiglia come soggetto di imposta, l’oratore descrive i tre sistemi prevalenti di tassazione del reddito: il regime del cumulo, il quale prevede la determinazione dell’imposta sulla somma dei redditi dei due coniugi, il cosiddetto splitting, che prevede che la somma dei redditi della famiglia sia divisa per due e, infine, il sistema del quoziente, alla stregua del quale, il reddito complessivo viene diviso per un coefficiente stabilito e ponderato sulla base del numero dei componenti la famiglia secondo i valori delle diverse scale di equivalenza, di cui la più nota è la cosiddetta «scala Carbonaro». La bontà di tale ultimo modello è corroborata dalla ripresa dell’andamento demografico in quei paesi che hanno introdotto il quoziente familiare, citando l’esempio del Code général des impôts francese.

Dopo avere articolato approfondite considerazioni sui diversi modelli di trattamento fiscale della famiglia nei principali Stati membri dell’OCSE, sottolinea l’esigenza che si privilegi la scelta di considerare la famiglia quale unità impositiva fondamentale, al fine di attuare efficaci politiche di sostegno, in applicazione dei principi sanciti dagli articoli 29 e 31 della Costituzione, nonché nella prospettiva di agevolare la formazione e lo sviluppo delle famiglie come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 83 del 7 aprile 1983. I criteri ispiratori del nuovo sistema dovrebbero essere la neutralità fiscale, l’equità, l’efficacia e il sostegno alla natalità. Il primo criterio, a titolo esemplificativo, non è rispettato dal cumulo dei redditi che ha effetti disincentivanti rispetto al matrimonio.

Un altro principio è costituito dalla opzionalità del modello, lasciando al contribuente la libertà di scelta. Infine, la propria proposta insiste sull’utilizzazione del meccanismo del contrasto di interessi per spese significative delle famiglie, quali ad esempio i mutui per l’acquisto della prima abitazione, le assicurazioni e le spese di istruzione dei figli. Per quanto concerne gli effetti della manovra di finanza pubblica sui redditi dei contribuenti, l’oratore giudica altresì criticamente la scelta, che appare quasi obbligata per gli enti locali, di un innalzamento delle aliquote addizionali con conseguente ulteriore aggravio per i cittadini. Rimarca poi la contraddittorietà nell’orientamento espresso dal Governo, nel senso di destinare le maggiori entrate rinvenienti dalla lotta all’evasione e all’elusione fiscale alla riduzione della pressione fiscale soltanto a partire dal 2009 – secondo gli orientamenti del Ministro dell’economia – giudicando pertanto di sapore propagandistico la previsione contenuta nell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, ribadendo al riguardo le critiche a suo tempo espresse a nome del proprio gruppo.

Dopo avere altresì formulato osservazioni critiche sugli orientamenti dell’Esecutivo in materia di riconoscimento delle unioni c.d. di fatto, auspica che sulla tematica del trattamento fiscale dei redditi familiari si svolga in Commissione un dibattito ampio e approfondito, al fine di apprestare le migliori soluzioni possibili nell’interesse del Paese.


30 gennaio 2007 – Testo integrale dell’intervento svolto dal Sen. Eufemi alla Commissione  VI FINANZE E TESORO sul Disegno di legge da lui proposto AS 32 –  Istituzione del quoziente familiare per la determinazione dell’imposta sul reddito e modificazioni alla disciplina delle detrazioni.


Riforma quoziente familiare

Dopo la relazione introduttiva del Sen. Barbolini, desidero esprimere la mia posizione personale e del gruppo UDC sul provvedimento in esame.

Riteniamo che questo dibattito assuma un forte significato politico, anche alla luce della recente decisione di bilancio, con una manovra di tipo fiscale che ha modificato la curva IRPEF.

Noi riteniamo che occorra fare un salto di qualità, ridefinendo le politiche a sostegno della famigila, tenere conto dei profili demografici, guardare ai risultati ottenuti negli altri paesi europei, soprattutto in Francia, prevedere interventi non episodici ma che guardino ad orizzonti di lungo periodo e soprattutto evitare i condizionamenti del presente per guardare al futuro con scelte coraggiose e non obsolete.

Il Disegno di legge muove dal lavoro svolto attraverso l’indagine conoscitiva della scorsa Legislatura operata dalla Commissione Finanze del Senato e dall’ascolto dei soggetti che più conoscono le problematiche dalla famiglia italiana, in particolare, Istat, Isae, Banca d’Italia e Forum delle famiglie.

Il dato da cui partire è il tasso di fecondità 1,21(24) inferiore al cosiddetto tasso di rimpiazzo che è pari al 2,1.

 A frenare il rallentamento demografico hanno contribuito l’allungamento della vita media ed il crescente fenomeno della immigrazione, con progressivo invecchiamento della stessa.

 Tutto ciò determina chiari limiti alla espansione della domanda interna e sul tasso di sviluppo del paese.

 Certo per incidere sul tasso di natalità, occorre affiancare agli strumenti fiscali anche servizi sociali adeguati ai nuovi bisogni.

 Un primo obiettivo è la redistribuzione del reddito in favore dei nuclei familiari in condizioni di povertà, la cosiddetta “equità verticale” tra nuclei o individui con diversi livelli di reddito.

 Rispetto a questo obiettivo, occorre dire che è stato mancato dal Governo un risultato concreto, da un lato nell’allargamento della no tax area che penalizza i nuclei monoreddito rispetto a quelli bireddito perché i nuclei bireddito beneficiano due volte della no tax area e nella definizione della franchigia fiscale in funzione della composizione del nucleo familiare, come noi avevamo sottolineato; dall’altro quello di ridurre la linea della povertà quella che “se definiamo come povera una famiglia che dispone di un reddito inferiore al 50 per cento del reddito mediano” l’incidenza della povertà diminuisce in modo impercettibile passando da 11.89 a 11.79 per cento.

La riforma IRPEF è esiguamente distributiva giacchè l’indice Gini sul reddito familare disponibile equivalente passa da 0.343 a 0.3402.

La visione classista dell’impostazione di Visco ha portato a trasformare le deduzioni in detrazioni uguali per tutti; ciò comporta un sensibile ampliamento della base imponibile che ha ricadute dirette in termini di maggiori imposte locali (addizionale IRPEF) che perdono la precedente deducibilità dei familiari a carico.

Va ricordato che le deduzioni operano a “monte” della riduzione della aliquota e quindi riducono la base imponibile sulla quale l’imposta grava.

Le detrazioni operano a “valle”, cioè dopo che si è determinata l’imposta voluta.

Un sistema ormai superato perché le detrazioni in misura fissa accrescono la progressività dell’imposta, accentuando la redistribuzione, mentre la deduzione va ad abbattere il reddito.

Se si passa al sistema delle famiglie come soggetto di imposta si possono identificare tre sistemi di tassazione della famiglia.

Il primo è il sistema del cumulo, con imposta calcolata sulla somma dei redditi dei due coniugi.

Il secondo è lo splitting, che prevede che i reditti dei coniugi siano sommati ed il risultato diviso per due.

Il terzo sistema è quello del quoziente, che preferiamo, che consente di tenere conto non solo dei coniugi ma anche di altri componenti familiari.

Ai componenti della famiglia si atttribuisce un peso variabile, utilizzando diverse scale, come la scala Carbonaro (0.6, 1, 1.33, 1.63, 1.90 e 2.16) la scala di equivalenza OCSE(1, 0,5, 0.3 bambino fino ai 14 anni, 0.5 superiore ai 14)

L’ordinamento italiano riconosce poi la scala di equivalenza per la determinanzione della situazione economica equivalente che è così composta (1.000, 1,057, 2.04, 2.46, 2.85, 3.20, 3.55, 3.90, 4.25, 5.60).

 30 Paesi Ocse, 17 utilizzano tassazione su base individuale, 4 su base familiare (in particolare  la Francia), 2 tassazione familiare riservata ai redditi capitale, 4 lasciano facoltà di scelta ai contribuenti rispetto al sistema.

 Non è questa la sede per affrontare le vicende che hanno interessato il nostro paese rispetto alle scelte legislative.

 Non si può non rilevare come la famiglia riconosciuta e tutelata dalla Carta Costituzionale (art. 31), e le esortazioni della stessa Corte Costituzionale poi formulate nella sentenza 83 del 1983 in cui tornò sulla materia lamentando il perdurare delle sperequazioni a carico dei nuclei monoreddito e sollecitando ad agevolare la formazione e lo sviluppo della famiglia sono rimaste inascoltate.

 Occorre però riflettere sul fatto che gli aspetti che maggiormente rilevano nel giudicare la tipologia degli interventi sono la neutralità, l’equità, l’efficienza ed il sostegno alla natalità; quindi la neutralità del sistema implica che la variabile fiscale non influisca sulle scelte individuali.

Il regime del cumulo è stato definito come una sorta di “tassa sul matrimonio” e per l’effetto disincentivante nei confronti del matrimonio o di contro incentivante delle separazioni ai soli fini fiscali e pertanto il sistema perdeva il carattere della neutralità 

Il sistema deve poi evitare fenomeni definiti di “trappola della povertà” cioè di dare benefici che finiscono con il far venire meno l’incentivo ad impegnarsi a guadagnare redditi aggiuntivi per portarsi al di fuori dell’area di assistenza dello stato.

Noi riteniamo che debba essere valorizzato il sistema del quoziente familiare sia per i risultati raggiunti in Francia, che ha determinato un tasso di natalità prossimo a 2, quindi l’obiettivo spinge verso il terzo figlio, mentre in Italia si ha ancora il problema di favorire la nascita del secondo figlio.

Sono partiti da 1.6 del 1992 all’1.7 del 1997 quando hanno introdotto agevolazioni per le famiglie numerose, all’1.8 del 2001 (congerdo di paternità), all’1.9 del 2004 con premio di 800 euro alla nascita, a 2 del 2006 (congedo di maternità di un anno remunerato con 750 euro al mese).

In Francia è stato arrestato il declino delle nascita e ha visto aumentare il divario rispetto agli altri paesi.

 Rispetto ad un sistema di tassazione che privilegia ancora le spinte individualistiche nonostante le modestissime correzzioni apportate con l’ultima finanziaria, preferiamop un sistema fiscale che tassi la famiglia nella sua entità.

 Vogliamo guardare al futuro piuttosto che non al passato. È per questa ragione che richiamiamo l’attenzione sul nostro progetto di legge ispirato al modello francese.

 Preferiamo un sistema di libera opzione senza nessuna coercizione ma libertà di scelta.

 Sistemi che possono e devono coesistere.

 È per questa ragione che richiamiamo l’attenzione sul nostro progetto di legge ispirato al Code Générale de Impôts francese.

 Affrontiamo una più forte azione di contrasto di interessi.

 Incrementiamo il limite di detraibilità per i premi di assicurazione.

 Rivalutiamo il limite degl interessi pagati sui mutui immobiliari per l’acquisto della prima casa di abitazione che viene adeguato rispetto al valore fissato 35 anni fa con la Riforma del 1972.

 Sono previste infine norme per ler spese sostenute nella istruzione secondaria e universitaria, per affermare un principio di libertà educativa.

Si introducono norme fortemente innovative, portando in detrazione le spese sostenute dai nubendi nel momento della formazione della famiglia e agevolazioni fiscali per l’assistenza e la cura. 

 La riforma Visco provoca una redistribuzione molto modesta dalle classi medio-alte a quelle medio-basse.

Per buona parte dei redditi medio-bassi c’è al contrario un aumento della aliquota marginale effettiva a causa del carattere decrescente delle detrazioni.

La riforma non tocca le fasce realmente povere della popoalzione né gli incapienti.

La quota di famiglie povere non viene modificata.

La trasformazione delle deduzioni in detrazioni amplia le basi imponibili sulle quai grava l’mposta,inoltre le detrazioni non possono essere utilizzate per il calcolo delle addizionali comunali e regionali e che quindi nella nuova IRPEF colpiscono una base imponibile più ampia.

A tutto ciò aggiungiamo che il maggiore gettito non contabilizzato nel 2007 non sarà neppure redistribuito secondo quanto previsto dall’articolo 1 dellla legge finanziaria, si tratta di una riforma manifesto, a cui la nostra parte politica si è opposta.

I fatti ci hanno dato ragione, alla luce delle dichiarazioni del Ministro dell’Economia che ha spostato al 2009 l’impegno assunto in Parlamento e lo ha nei fatti disconosciuto.

Roma 30 gennaio 2007

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