I giovani e la casa
Il messaggio di fine d’anno del Presidente Napolitano ha suscitato unanimi consensi tra le forze politiche. Il Presidente ha posto attenzione, con i toni giusti, ad un equilibrato processo riformatore finalizzato alla modernizzazione del Paese. Non può essere ignorato il suo richiamo alla equità e alla riduzione dei divari economici e sociali. In questo senso uno Stato affrancato dagli eccessi del liberismo (eliminazione dell’equo canone senza adeguata offerta di edilizia residenziale pubblica) non può
ignorare il drammatico problema abitativo dei grandi centri urbani e la necessità di dare una soluzione al problema dell’affitto per quelle famiglie che non possono accedere né alla proprietà di una casa né all’affitto di un inesistente livello di edilizia residenziale pubblica. L’invenduto di immobili, valutato in 40.000 unità abitative, che a causa della crisi rischia di riverberarsi sugli investitori con pericolose conseguenze sul settore della edilizia, può tradursi in una opportunità sociale se si apre un tavolo con rappresentanti dello Stato e degli enti locali nonché di Confedilizia, costruttori e sistema bancario per affrontare il problema. Ciascuno dovrà offrire il proprio contributo assumendosi la propria parte di responsabilità intervenendo per la parte pubblica sulla tipologia dei contratti sulle relative garanzie e soprattutto con adeguate riduzioni fiscali nella fiscalità immobiliare (in particolare ICI) .
Se si vuole concretamente raccogliere il fermo invito del Capo dello Stato questo è il terreno sul quale misurarsi per tradurre in opportunità per il sistema gli effetti della crisi finanziaria sistemica che finisce per toccare un settore importante della nostra economia. Dopo la fase delle dismissioni immobiliari degli enti previdenziali e del patrimonio edilizio pubblico avviata negli anni novanta che ha permesso a molte famiglie di diventare proprietarie della propria abitazione ora è il momento di guardare al mondo dell’affitto che poi significano (giovani e precari) che nella crisi economica vedono peggiorare le proprie condizioni. E’ necessario allora cogliere l’occasione della crisi 2008 per tradurla in azione positiva verso i più deboli. Modernizzare il Paese significa guardare ad uno sviluppo equilibrato che riduca effettivamente e significativamente i divari economici e sociali.
Roma 2 gennaio 2009