Il voto in Abruzzo: la disfatta del gruppo dirigente dell’UDC
Il risultato elettorale delle elezioni regionali abruzzesi appare chiaro senza lasciare né ombre né dubbi. Il partito è in caduta verticale. E’ crisi di leadership; è crisi di linea politica;
E’ fallito il tentativo dell’UDC di proporsi come polo alternativo ai due schieramenti. E’ fortemente indebolito il percorso di costruzione dell’Unione di Centro. Lo dicono i numeri.Il risultato (UDC-Udeur) appare modesto appena il 5,48 per cento!. Venivano dall’8,4 delle regionali del 2005 l’UDC e il 4,7 dell’UDEUR quindi dal 13,1 seppure registrati in due schieramenti contrapposti. Il candidato governatore De Laurentiis ha ottenuto perfino meno voti (5,29) della lista (5,48). Tutto ciò nonostante la crisi che colpiva pesantemente il partito democratico. Casini non è riuscito neppure ad intercettare il voto dell’ex margherita come aveva potuto e saputo fare alle recenti politiche. Lo dimostra l’arretramento rispetto al 5,9, risultato di soli pochi mesi fa. Gli elettori di centro sinistra hanno preferito astenersi massicciamente dal voto piuttosto che votare il candidato governatore dipietrista o di convogliare verso il candidato di centro senza prospettive.
Casini cerca di giustificare sul quotidiano di famiglia il deludente risultato con il presunto shopping elettorale di dirigenti periferici prima del voto. Non si pone il problema del perché questi dirigenti se ne vanno. Non si pone un interrogativo semplice semplice: perché non c’è condivisione di linea politica. Non si domanda come mai De Matteis ora nella MPA , lista collegata al vincente governatore Chiodi abbia da solo ottenuto il 3,4 per cento!. I dirigenti non sono disposti a sacrificarsi per le ambizioni personali del leader. Non fa nessuna autocritica e tende ad ostentare soddisfazione. Sposta il problema sempre più avanti, alle regionali sarde sperando nella impossibile candidatura Pisanu. Di fronte ad una quadro catastrofico come quello derivante dal risultato abruzzese il minimo che ci si potesse aspettare in un partito che vuole rifarsi alla vecchia tradizione DC sarebbe quello di mettersi in discussione e di svolgere una seria autocritica. Ma chi è in grado di porre nella UDC, nelle sedi competenti, sia in direzione che in consiglio nazionale, la questione della leadership e della linea politica e i risultati di questo autentico disastro politico: nessuno. Ecco perché proseguirà l’emorragia inarrestabile di dirigenti vogliosi di fare politica secondo linee chiare, di non arrendersi alla insignificanza. Qualsiasi risultato elettorale sarà irrilevante rispetto ai giochi politici che verranno nella maturazione e non nella crisi del bipartitismo come è stato affermato a giustificazione della debacle, condannando l’idea della UDC, dopo scelte suicide alla emarginazione.
Roma, 16 dicembre 2008