Mutui: Si poteva fare di più e meglio
L’intervento sui mutui prima casa all’interno della manovra anticrisi rischia di generale diffuse illusioni e palesi ingiustizie.
Illusioni perché la platea dei soggetti beneficiari sarà estremamente ridotta rispetto alla propagazione degli effetti generati dalla crisi finanziaria.
Ingiustizie perché riguarderà esclusivamente i sottoscrittori di mutui a tasso variabile (60 per cento pari a 100 miliardi dell’intero stock di 160 Miliardi) escludendo ingiustamente quelli a tasso fisso (40 percento). Saranno penalizzati coloro che hanno avuto un atteggiamento più prudente verso il mercato pagando un maggiore tasso di interesse e avvantaggiati quelli che hanno osato di più e pagato di meno. Ne beneficerà però una piccola quota di quel sessanta per cento e saranno coloro che hanno acceso mutui sotto il 4 per cento iniziale.
La misura assume complessivamente il valore di una rete di sicurezza per il solo anno 2009 evitando ulteriori rischi nella eventualità di nuove turbolenze rispetto ad una crisi finanziaria che con la sapiente manovra della BCE ha portato il costo del denaro al 2,5 ponendo le condizioni per una rapida discesa dell’Euribor (oggi al 3,428). Le incertezze applicative sono del resto appalesate dalla relazione tecnica all’articolo 2 del provvedimento. Si va da un costo minimo di 55 milioni a 250 milioni di costo massimo.
Quale è il vero costo?. Quanti sono i mutui che rientrano nella misura del decreto? Certamente, sulla base delle serie storiche della BCE, quelli erogati nei periodi peraltro limitati quando il costo del denaro era molto basso (tra il 2003 e il 2006).
Si poteva fare di più e meglio. Di più, con la previsione di allargare la platea dei beneficiari senza fissare la soglia del 4 per cento, (garantendo una aliquota percentuale per tutti) e meglio senza escludere i mutui a tasso fisso.
Ho sempre sostenuto che la strada da intraprendere doveva essere un’altra: quella della combinazione di due misure: modificazione della detrazione fiscale per tutti elevando l’aliquota dall’attuale 19, fissato da Visco nel primo governo Prodi, al 27 per cento e l’adeguamento del tetto della quota interessi dagli attuali 3.500 euro (misura ferma dal 1972 ad nuovo tetto di 7.000 euro.
Questo tipo di scelta avrebbe assunto il significato di un intervento pieno e diretto dello Stato sulle famiglie senza zone d’ombra e soprattutto senza ingiustizie. Non vorremmo che questo articolo 2 si rilevasse troppo selettivo e dunque incapace di dare quelle risposte che i problemi finanziari delle famiglie attendono.
Roma, 9 dicembre 2008