intervento alla XLI riunione scientifica della Fondazione Franca e Diego De Castro e Fondazione Raffale D’Addario presso la facoltà di Economia di Torino Sabato 22 maggio 2004
Fondazione “Franca e Diego de Castro”
Fondazione Raffaele D’Addario
XLI Riunione Scientifica
LA PROVINCIA DI TORINO
ANALISI DELLO SVILUPPO DEL TERRITORIO
E ANDAMENTI SOCIOECONOMICI
Intervento Sen. Maurizio Eufemi
La provincia di Torino:
sviluppo del territorio e analisi degli andamenti socio-economici
Sabato 22 maggio 2004
Università di Torino
Facoltà di Economia – Piazza Albarello, 8
Premessa
L’Unione Europea è diventata la prima area del mondo per dimensione economica, ma con i Paesi della nuova Europa.
Una Europa ch esi riunisce non solo in senso geografico, ma anche politico.
Si allargheranno le differenze strutturali, sia in termini economici sia demografici-sociali, con un inasprimento delle disparità tra Paese e Regioni.
I 75 milioni di nuovi abitanti rappresentano un incremento di popolazione del 20 per cento ma il PIL aumenterà solo dell’8 per cento.
La Europa riunita avrà una popolazione di una volta e mezza quella USA con un PIL di 10.000 miliardi di Euro quasi vicino agli 11 miliardi di Euro del USA ma il reddito pro cpite di 21.000 eurpo sarà la metà di quello del USA. La entrata dei nuovi 10 Paesi abbassa dunque la media europea.
Oggi nei 15 paesi, 68 milioni di persone hanno un reddito inferiore al 75 per cento di quello medio europeo. Tale numero aumenterà a 116 milioni cioè sostanzialmente ad un quarto della popolazione dell’Europa riunita che finirà per essere meno ricca. Tale situazione ha forti implicazioni sia politiche che economiche.
Permangono ampi divari in termini di produttività e differenze marcate negli indicatori del mercato del lavoro; debole la presenza della spesa in Ricerca e Sviluppo; aspetto interessante e positivo è il livello medio di istruzione dei giovani.
Mutano le prospettive del Paese nell’Europa riunita.
1.1 – La provincia di Torino attraversa una fase di transizione ed è alla ricerca di nuove identità. Esaurita la fase propulsiva e densa di contraddizioni connessa al boom economico, dall’inizio degli anni Ottanta il territorio provinciale non è più caratterizzato da una prevalente vocazione industriale. L’affermazione è ampiamente suffragata dall’esame dei più recenti dati di contabilità provinciale diffusi dall’Istat: se nel 1995 il valore aggiunto del comparto industriale rappresentava il 35,2 per cento del totale provinciale, nel 2001 si attestava a poco meno del 31 per cento, confermando l’esistenza di un lento processo di deindustrializzazione, al quale non sono estranee le difficoltà congiunturali e di lungo periodo in cui versa il settore automobilistico.
Quanto agli altri comparti, anche l’agricoltura registra una progressiva perdita d’importanza. Il suo contributo alla formazione del valore aggiunto totale a livello provinciale è passato da un già marginale 0,92 per cento nel 1995 allo 0,75 per cento nel 2001. Quanto ai servizi la loro importanza si è accresciuta nella seconda metà degli anni Novanta. Il valore aggiunto del comparto, infatti, da poco meno del 64 per cento del 1995 si è portato a oltre il 68 per cento del totale nel 2001.
Le trasformazioni strutturali in atto nel sistema produttivo provinciale e l’apertura di nuovi mercati avranno conseguenze rilevanti per la crescita di lungo periodo dell’economia. Non soltanto il settore dei servizi è storicamente caratterizzato da tassi annuali di crescita più stabili ma inferiori a quelli delle attività industriali, ma la produttività totale dei fattori nel settore dei servizi, caratterizzato in generale dall’adozione di tecnologiecapital-saving, risulta più contenuta della produttività nel comparto industriale.
Tale fenomeno non è attualmente evidente nel caso della provincia torinese, in quanto nel periodo 1995-2001 il valore aggiunto per unità di lavoro (considerato come proxy della produttività totale dei fattori) è aumentato in media del 3,7 per cento in agricoltura, del 3,2 per cento nell’industria e del 3,6 per cento nei servizi, divario determinato non tanto da un’elevata produttività dei servizi, quanto dalla scarsa produttività del comparto industriale, data la scarsa incidenza di produzioni ad elevato valore aggiunto (nel settore dell’information technology ad esempio).
Anche il mercato del lavoro ha risentito della fase di trasformazione della struttura produttiva. Tra il 1995 e il 2001 l’occupazione in agricoltura è diminuita in media di oltre il 2,8 per cento annuo e dell’1,2 per cento annuo nell’industria (ma se si fa riferimento all’industria manifatturiera in senso stretto la perdita di posti di lavoro è più pesante, pari all’1,5 per cento l’anno). Gran parte dei posti di lavoro persi nei primi due settori sono stati compensati dall’aumento pressoché costante dell’occupazione nel comparto dei servizi, cresciuta in media dell’1,8 per cento l’anno. All’interno del settore dei servizi la dinamica più accentuata si è manifestata nel settore dell’intermediazione finanziaria e immobiliare (4,6 per cento l’anno), un’altra prova della ristrutturazione in atto nel sistema produttivo torinese.
La principale conseguenza delle dinamiche in atto è rappresentata da una progressiva perdita di ruolo della provincia di Torino nello scenario nazionale. Infatti la frazione di valore aggiunto provinciale sul valore aggiunto nazionale era pari nel 1995 al 4,74 per cento, per attestarsi nel 2001 al 4,55 per cento, anche se la tendenza indicherebbe un assestamento attorno a tale valore nei prossimi anni.
1.2 – Per quanto riguarda i livelli di attività produttiva, il tasso di occupazione è in moderata ascesa dal 44,3 per cento del 1999 al 47,6 per cento del 2002. Quanto al tasso di disoccupazione il miglioramento è stato significativo: il valore dell’indicatore si è portato dall’8,96 per cento del 1999 al 6,2 per cento del 2002. La creazione di nuovi posti di lavoro ha riguardato prevalentemente il settore dei servizi.
Ma il miglioramento più netto si è manifestato nei fallimenti. Dai 24,2 fallimenti per 10 mila imprese registrate nel 1997 si è passati agli 8,4 fallimenti del 2001. Considerando poi il numero di imprese registrate per cento abitanti vi è stato un moderato aumento, dalle 9,4 imprese del 1999 alle 10,1 del 2001. Se l’aumento delle imprese registrate per 100 abitanti è stato in parte determinato dalla diminuzione dei fallimenti, a livello provinciale non si è manifestato nessun fenomeno di ‘ polverizzazione’ del sistema delle imprese, un sicuro indizio circa la natura innovativa della trasformazione produttiva in atto rispetto alla prima fase, avvenuta a cavallo tra anni Settanta e anni Ottanta.
1.3 – Quanto alla dimensione ambientale, la situazione della provincia torinese appare relativamente stabile. I consumi idrici pro capite oscillano tra un minimo di 280 e un massimo di 290 litri annui per abitante tra il 1999 e il 2003, grazie ad una disponibilità di risorse idriche che colloca la provincia di Torino tra le prime in Italia. Per quanto riguarda la produzione di rifiuti urbani per abitante vi sono precisi segnali di un aumento del carico per i servizi municipalizzati nei prossimi anni, con un aumento dai 424 chilogrammi del 1999 ai quasi 600 del 2003. Va detto che la percentuale di raccolta differenziata di rifiuti si è attestata nello stesso periodo su una percentuale inferiore al 30 per cento.
Nello stesso periodo i consumi di carburanti e di elettricità sono risultati approssimativamente stazionari. Sul fronte della qualità dell’aria, le rilevazioni compiute dal comune di Torino indicherebbero un moderato miglioramento negli ultimi anni. Nel complesso la situazione ambientale colloca la provincia di Torino in una posizione intermedia nel panorama delle province italiane.
1.4 – Per quanto riguarda infine la situazione sul fronte criminalità il quadro è caratterizzato da luci e ombre, rivelando in pieno la problematicità innescata dai nuovi flussi migratori. Negli ultimi cinque anni gli omicidi per 100 mila abitanti hanno registrato un punto di minimo nel 2000 (0,68), mentre nel primo anno e nell’ultimo l’indicatore ha registrato valori più che doppi (1,44 omicidi nel 1998, 1,29 omicidi nel 2002). Va osservato che riguardo ai crimini contro la persona la provincia di Torino si colloca approssimativamente in posizione intermedia tra le province italiane, mentre la situazione è più preoccupante rispetto ai crimini contro il patrimonio: il numero di furti per 100 mila abitanti (circa 4 mila furti per 100 mila abitanti l’anno tra il 1998 e il 2002) e il numero di rapine per 100 sportelli bancari (in marcata diminuzione dal 1998 ma sempre ben oltre la media nazionale) collocano la provincia di Torino nelle ultime posizioni tra le province italiane.
1.5 – Quali i punti di criticità e quali le opportunità per la provincia di Torino nei prossimi anni? Il processo di trasformazione della struttura produttiva sta migliorando nettamente le condizioni prevalenti sul versante occupazionale. Ma l’occupazione non esaurisce il problema dell’innalzamento degli standarddi vita.
I grandi cicli di sviluppo dell’economia sono determinati dai cicli di vita delle nuove tecnologie e, in particolare, dall’intervallo che separa la loro introduzione dalla fase di massima espansione. E’ stato così per il ciclo iniziale del capitalismo mondiale trascinato dall’industria tessile, per quello vittoriano segnato dalla diffusione delle ferrovie, dell’industria chimica e infine dell’auto.
E’ dunque essenziale per una struttura produttiva territoriale che voglia innescare un processo di crescita permanente inserirsi tempestivamente nel settore tecnologico trainante.
Nella provincia di Torino tale inserimento è stato effettuato con successo nel settore automobilistico, si è rivelato ben più tormentato nel caso della microelettronica e dell’industria del software, settori legati alla prima fase di sviluppo dell’information technology, mentre appare ancora elevato il rischio di perdere terreno sul fronte ben più essenziale delle tecnologie broad-band e dei servizi Internet.
Ma la provincia di Torino dispone delle risorse umane e formative che potrebbero garantire un pieno successo alla trasformazione strutturale del sistema produttivo. Già oggi l’impegno del Politecnico e dell’Università statale di Torino collocano i due atenei tra i centri d’eccellenza del sistema universitario italiano. L’impegno nella ricerca applicata (si pensi al settore delle biotecnologie, dell’automazione, della robotica e delle tecnologie dell’informazione) e uno stretto coordinamento con il mondo imprenditoriale potrebbero garantire una maggiore presenza in futuro in quei settori industriali trainanti e ad alto valore aggiunto che potrebbero conferire nuovo slancio non soltanto all’economia provinciale, ma anche all’intera economia piemontese.
Il rilancio delle attività turistiche, in parziale arretramento negli anni passati, anche grazie alle Olimpiadi invernali potrebbe fornire nuovo impulso all’intero settore dei servizi e creare un ‘ammortizzatore occupazionale’ nella delicata fase di transizione attualmente in svolgimento. È per tale motivo che le nuove iniziative imprenditoriali nel settore del turismo devono essere incoraggiate con incentivi finanziari e fiscali, così come accade in tutti i Paesi dell’Unione europea.
Su un piano più generale va infine osservato che in Europa l’impatto del processo di accumulazione di capitale sotto forma di information and communication technology ha acquistato un’importanza crescente nella seconda metà degli anni Novanta, influenzando positivamente la crescita economica. Ma un andamento opposto ha caratterizzato la produttività totale, come è apparso evidente nella provincia di Torino soprattutto nel comparto industriale.
L’effetto positivo è più evidente nei settori di produzione dell’information technology, le cui dimensioni sono relativamente contenute nel territorio provinciale. Al contrario l’effetto nei settori utilizzatori dell’information technology non è stato altrettanto rilevante – il tasso di crescita della produttività media del lavoro nei settori ICT-intensivenon è stato sostanzialmente diverso da quello rilevato negli altri settori – ponendo di nuovo dubbi circa l’esistenza di un impatto positivo dell’ICT per l’aumento della produttività totale dei fattori.
I confronti a livello internazionale gettano nuova luce sui motivi per cui in Italia (e nella provincia di Torino in particolare) la diffusione dell’information technology non abbia determinato l’atteso rilancio dell’economia.
Se la produttività totale è aumentata nei settori di produzione dell’information technology, in altri Paesi l’effetto si è esteso anche ai settori utilizzatori ad alta intensità di tecnologie di comunicazione, quali il commercio e i servizi finanziari, il cui contributo all’aumento della produttività ha subito un’accelerazione nella metà degli anni Novanta. In Europa non soltanto si è registrato un rallentamento generale nella dinamica degli investimenti, ma il fenomeno è risultato più evidente nei settori a bassa intensità di adozione di tecnologie di informazione e comunicazione.
La diffusione delle tecnologie dell’informazione non è quindi responsabile del rallentamentonella produttività registratosi nel corso degli anni Novanta. La spiegazione va cercata altrove, e più in particolare nel rallentamento della crescita dei salari nominali, che potrebbe aver determinato un incentivo ad aumentare l’input in lavoro e a diminuire l’input in capitale diverso dall’ICT, con la logica conseguenza di un rallentamento della produttività totale. Il fenomeno è risultato evidente in provincia di Torino proprio nei settori dell’intermediazione finanziaria e immobiliare che in passato si sono mostrati più attivi nella creazione di nuova occupazione.
La lezione che ne dobbiamo trarre è che nel quadro di profonda ristrutturazione dell’apparato produttivo e di passaggio da un’economia industriale ad un’economia di servizi soltanto un programma di incentivazione degli investimenti in tecnologie dell’informazione e in capitale umano può garantire il rilancio dell’economia provinciale. Il miglioramento degli standard di vita in provincia di Torino, dopo le modeste performance degli anni passati, passa quindi soprattutto attraverso una seria opera di pianificazione e di individuazione delle principali variabili di contesto, all’interno di uno scenario internazionale sempre più caratterizzato da un’elevata complessità.
Conclusioni
I processi di globalizzazione hanno messo a confronto le diverse aree economiche del globo, provocando tensioni e conflitti tra le stesse. Alcune aree si sono integrate, altre si sono frammentate, come in quella dell’ex Unione Sovietica.
Taluni hanno osservato come i mercati globali hanno finito per frammentare le società e indebolire gli stati, proprio perché sono venuti meno gli interventi di stabilizzazione garantiti dagli stati e dalla cooperazione internazionale.
Si è creato un solco tra finanza ed economia reale per fenomeni degenerativi che impediscono un travaso di risorse tra i comparti, senza che la accumulazione finanziaria riesca a sostenere la economica reale, uscendo da circuiti reali.
Le potenzialità di crescita del mondo industrializzato deriveranno dalla rimozione del contesto degenerato.
Torino, 22 maggio 2004