Sisma: Ussita non può finire come il Belice
Sisma: Ussita non può finire come il Belice
Sabato 5 ottobre ore 10,30
Dobbiamo ringraziare quanti hanno voluto raccogliere il nostro invito per una riflessione libera, senza condizionamenti sullo stato della ricostruzione nelle aree del sisma del centro Italia e a Ussita in particolare.
Alcune considerazioni introduttive.
Abbiamo fatto la nostra parte anche manifestando a Montecitorio in una piovosa giornata di maggio.
Dobbiamo vincere la rassegnazione di chi non crede più a nulla, alle promesse ripetute. Respingiamo le critiche di quanti ormai dicono non c’è più nulla da dire e da capire, perché è chiara la strategia dell’abbandono. Non a caso abbiamo richiamato il terremoto del Belice, per i ritardi cinquantennali nella ricostruzione con le contraddizioni di anfiteatri e strade inutili.
L’iniziativa è stata assunta dalla lista Ussita insieme per la ricostruzione che ha tenuto sempre alta l’attenzione sul post terremoto con una battaglia democratica, nelle sedi istituzionali, nel consiglio comunale, con iniziative e evidenziando lacune, contraddizioni. La stella polare è stata la legalità e la trasparenza.
La politica non si fa con i comunicati stampa. Si fa verificando i risultati giorno per giorno, incontrando le persone, ascoltando anche quando questo è disagevole. Per questo voglio ricordare i presenti che hanno sottratto tempo alla famiglia a quasi tre anni dalla seconda grande scossa di fine ottobre 2016. Un pensiero va anche a quanti ci hanno lasciato, a quanti soffrono disagi incalcolabili e a quanti sono stati colpiti nella malattia.
L’incontro fortemente voluto perché a Ussita scelte incaute hanno portato al fallimento delle giunte comunali. I risultati sono sotto i vostri occhi. Una ricostruzione che non decolla. Né possiamo aspettarci molto da una gestione commissariale in comune. Nei giorni scorsi è atterrato e passato il Presidente del Consiglio, peraltro senza neppure fermarsi ad incontrare la popolazione che vive nelle casette SAE, ma nell’incontro di Castello, molti comuni hanno fatto sentire la loro voce, ma il Comune di Ussita era afono del rappresentante della comunità. Non può essere un rappresentante prefettizio capace di richiamare e risolvere i problemi che sono di tutta evidenza.
Che dire poi di un incontro che è stato silenziato, nel senso che la stampa non è stata ammessa ad ascoltare le prese di posizioni dei sindaci, quali rappresentanti delle comunità.
Sono molte le cose che non vanno.
La nomina a Presidente del Parco dei Sibillini di un docente universitario specializzato in veterinaria non ci entusiasma, quasi che si volesse privilegiare l’ambiente animale con lupi, orsi, cinghiali ad una visione antropologica del parco favorendone uno sviluppo in cui la persona umana sia protagonista. Siamo allo sviluppo imposto e non partecipato o proposto. Si afferma la mera conservazione senza un nuovo sviluppo che porti ad funzione razionale e antropologia delle risorse umane. Quale è il ruolo delle comunità. Azioni utili tra chi vie in montagna, chi vive di montagna e chi vive per la montagna.
E’ stata richiamata la legge per la montagna del 94 che trova un ancoraggio nell’articolo 44 comma 2 della Costituzione per iniziativa di quel grande costituente che fu Gortiani di Tolmezzo un geologo, passato alla storia non certo come Farabollini che ha atteso 10 mesi per nominare della commissione di esperti, il cts.
Per non parlare delle ordinanze osservate dalla Corte dei conti, la 80, 84, 85,86 autentico capolavoro della burocrazia, di cui sono state chieste modifiche tanto è che il commissario ha dovuto sospendere. La ordinanza 80 modificava ben 14 ordinanze precedenti a cominciare dalla 4 del novembre 2016, revisionata una decina di volte. Non stiamo scherzando. Questo è il pasticcio cui di troviamo dinanzi. Dobbiamo ringraziare Mario Sensini e Sibilla on line per l’accuratezza con cui indaga sul terremoto.
La zona franca va benissimo ma è a un livello di governo nazionale e comunitario che finisce per appartenere al libro dei sogni.
L’opacità del sito dell’Ufficio Speciale Ricostruzione è di tutta evidenza. Non è stata fatta una distinzione reale per province, ma dentro Macerata hanno inserito Ancona e Pesaro Urbino e dentro Ascoli, la provincia di Fermo. Quasi a volere nascondere qualcosa.
Non vengono indicati quotidianamente i progetti approvati così da vedere il reale stato di avanzamento. Perché non viene messo un contatore dinamico delle pratiche, dei finanziamenti, del volume finanziario del validato e di quanto resta.
Assistiamo al paradosso che i comuni dell’area focale sono in forte ritardo. Tolentino ha avuto 58 milioni per la ricostruzione privata, con 128 pratiche di ricostruzione pesante, 108 delocalizzazioni, 145 ricostruzione leggera, rispetto a Caldarola 11 milioni, Matelica 16 milioni e San Severino 28 milioni. Non vuole e non deve essere una guerra tra poveri, ma solo una verifica.
Da una analisi effettuata è emerso che i più forti ritardi si registrano nelle aree più colpite dal sisma:
fino a 10 km dall’epicentro 376 pratiche presentate e contributi erogati 10.817.306;
tra 10 e 25 km pratiche 1.495 e contributi 68.607.587
tra 26 e 42 km pratiche 2.961 e contributi per 169.734.092;
tra 43 e 55 km pratiche 2.217 e contributi 165.368.426;
tra 56 e 73 km pratiche 958 e contributi per 40.899.608; tra 74 e 95 km pratiche 117 e contributi 4.024.538; tra 96 e 12 km pratiche 4 e contributi erogati 0.
Abbiamo riscontrato positivamente come il comune di Sarnano offra, a metà luglio, un trasparente quadro delle pratiche di ricostruzione privata: 209 pratiche presentate, 177 verificate, 32 in attesa di ammissibilità, e poi quelle rigettate, quelle in istruttoria, i decreti di concessione, il totale dei finanziamenti 8,206 milioni e le 54 pratiche all’u.s.r.
Quindi un plauso al sindaco di Sarnano.
Al Presidente Pirozzi vorrei segnalare una contraddizione della Regione Lazio. Lo sa Presidente che nel Lazio si paga una tassa sismica per i loculi cimiteriali pur essendo i cimiteri luoghi pubblici e la tassa viene fatta pagare anche se l’indagine geologica è stata ormai acquisita? Forse questo balzello andrebbe soppresso.
E’ semplice e facile chiudere le zone rosse, ma la più coraggiosa avrebbe dovuto prevedere una selezione, una accurata verifica della situazione. Forse ci si illudeva che quello era il modo, un metodo vecchio, per avere più risorse.
Poi ci sono le problematiche delle chiese. Ma tutti noi sappiamo che non sono la priorità. Le chiese delle 10 frazioni erano sostanzialmente chiuse. Quella autenticamente attiva era la Pieve. I beni ecclesiastici hanno un percorso separato, ma anch’esso irto di ostacoli. Scontano l’insufficienza del personale preposto alla sovrintendenza di Macerata che si trova a gestire un volume di pratiche superiore alle forze disponibili.
Per Ussita iI file dell’USR, verificato al 20 settembre 2019 nelle sue 239 pagine presenta 2818 progetti approvati sui 5255 pari al 53, 62 per cento. Per Ussita 15 progetti approvati dei 67 presentati, di cui n. 6 categoria 9, n. 7 categoria 4 e n. 2 di categoria 19 per un finanziato di 2.892 milioni praticamente quasi tre milioni di cui la metà vanno a due progetti.
Poi si potrebbe parlare di tante altre cose, come lo stoccaggio delle macerie creando dei siti intermedi rispetto all’area focale, il problema del calcolo dei contributi rispetto alla superficie lorda e netta in conseguenza nei nuovi materiali utilizzati, l’opportunità di dedicare personale della USR alle aree focali e alle perimetrazioni, la sollecitazione agli interventi a protezione delle frazioni a rischio, sia con mitigazioni delle acque che con rimboschimenti e molto altro.
Credo che la mia introduzione possa finire qui. Voleva essere solo una provocazione suscitando le vostre riflessioni arricchendo il dibattito con ulteriori stimoli a individuare quelle indicazioni utili a rimuovere le macerie di una ricostruzione che non decolla.
Siamo troppo legati a questi luoghi per appartenere al partito della strategia dell’abbandono. Fare presto. Il meglio è nemico del bene.
Ussita 5 ottobre 2019