Il 4 marzo non c’è più

Il 4 marzo non c’è più

Il quadro politico uscito dalle elezioni politiche del 4 marzo 2018 è profondamente mutato.

Certo i numeri parlamentari non sono cambiati, ma i rapporti di forza dopo la sequenza delle elezioni regionali in Abruzzo, in Sardegna e in Basilicata, certamente si.

È cambiata la rappresentanza nella Conferenza Stato Regioni con tutto ciò che può determinare nei confronti del Governo alla vigilia di importanti decisioni sulla autonomia regionale.

In un solo la forza politica del M5S è rapidamente evaporata. In modo repentino. Ha inciso in modo profondo l’incapacità di governo e soprattutto la inadeguatezza di affrontare i reali problemi del Paese a partire da una crescita insufficiente.

Ora ci avviamo ad una campagna elettorale per il rinnovo della rappresentanza al Parlamento Europeo. Dopo la Brexit è tempo di aprire gli occhi e di non seguire populismi dannosi e inconcludenti.

Le elezioni regionali in Piemonte saranno il vero banco di prova per il centrodestra.

Resta da vedere se si manterrà fede all’accordo sul candidato presidente di scelta Forza Italia o se la Lega vorrà imporre il proprio candidato.

Per la Lega si porrà il problema della autosufficienza o della politica delle alleanze. In questo caso tutto verrebbe rimesso in discussione.

Di fronte a un delirio di onnipotenza dalle urne potrebbero venire sorprese. Nulla è escluso.

Eppure la storia politica del M5S e prima ancora quella di Renzi dovrebbero insegnare qualcosa. Il voto in assenza di partiti, se resta affidato solo alle leadership diventa fluido. I voti così come arrivano, possono andar via con la stessa rapidità, perché gli errori sono dietro l’angolo e a volte diventano irrimediabili.

Roma, 25 marzo 2019

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