Meglio la Casta: l’imbroglio dell’antipolitica

Meglio la Casta: l’imbroglio dell’antipolitica

La presentazione del libro di Gianfanco Rotondi “Meglio la casta l’imbroglio dell’antipolitica”è stata l’occasione per un dibattito tra esponenti della Prima Repubblica sui temi di più stringente attualità. Mentre nella sala Aldo Moro a Montecitorio,  una folto pubblico presenziava alla matiné  culturale,  al piano di sopra, nella Commissione Affari Costituzionali, si procedeva a ritmi forzati alla approvazione di una legge, la cosiddetta Richetti, che esaltava proprio l’antipolitica, seguendo un percorso di rottura rispetto alle consolidate esperienze parlamentari. La proposta infatti equipara senza distinzione tra passato e presente in un tutt’uno il legislatore ad un dipendente statale cancellando in un colpo solo istituti come la funzione elettiva, i diritti acquisiti, la irretroattivitá delle norme, capisaldi della democrazia parlamentare.  Il direttore del Tempo GianMarco Chiocci esponente di punta di quel mondo mediatico che, per una copia in più,  da anni cavalca l’antipolitica, marcava la sua assenza. Simone Baldelli giovane vicepresidente della Camera svolgeva con intelligenza  il ruolo di moderatore. Gerardo Bianco si è assunto l’onere di aprire il confronto senza rinunciare ad affrontare i temi dell’attualità che non potevano che essere quelli del Parlamento, dei  parlamentari, degli strumenti di tutela della libertá di espressione e di rappresentanza come sono appunto le indennità e i vitalizi. E Bianco ha voluto sottolineare come,  in momenti difficili, i parlamentari della prima Repubblica soprattutto nel biennio 1992-1994 non hanno rinunciato ad essere  classe dirigente facendo  per intero il proprio dovere con manovre finanziarie  sofferte, ma  con l’assunzione piena  di responsabilitá compresa la revisione della immunità parlamentare affrontando la questione morale che veniva alzata mediaticamente   verso il Palazzo. Il libro che muove da episodi che hanno toccato la sensibilità dell’autore sul lato umano e familiare offre l’occasione per una riflessione a tutto tondo sulla politica rispetto tempi che viviamo in cui tutto rischia di essere travolto da una furia iconoclasta.  Franco Marini ha rivendicato le scelte operate nel biennio del 2006-2008 con il blocco degli automatismi,  le correzioni profonde, l’introduzione dei  contributi di solidarietà, anticipando la sua posizione all’interno del PD di consenso sulla linea Sereni piuttosto che su quella renziana di Richetti. La delusione per molti dei presenti è stata sul “non detto” di Violante e di Casini che da ex presidenti d’Assemblea avrebbero ben potuto parole chiare su quanto è in discussione e che va oltre gli interventi meramente finanziari intaccando principi costituzionali con un percorso legislativo discutibile. Casini ha preferito soffermarsi sulla vicenda Fillon e su generiche equiparazione dei trattamenti con altre categorie piuttosto piuttosto che affrontare i nodi dell’antipolitica avviata fin dal libro di Stella e Rizzo o sul rapporto politica magistratura. Gli ex presidenti della Camera hanno evitato di entrare nello specifico che non era di poco conto con l’assist formidabile offerto dal libro di Rotondi. Nella sala  c’è una riproduzione bronzea dello statista di Maglie con lo sguardo pensoso, dono della Dc, cancellata da tangentopol, alla Camera dei Deputati per ricordare Aldo Moro.   Allontanandomi dalla sala, mi domandavo cosa avrá immaginato Moro dopo avere sentito quegli interventi che affrontavano il problema della  casta e anti casta, piuttosto che il tema vero che era il Parlamento e quello dei suoi rappresentanti e dunque quello della democrazia parlamentare. Perchè in definitiva i temi della casta e dell’antipolitica sono funzionali a ridurre i poteri della rappresentanza e della democrazia.    

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